Roberto Maroni, sotto il vestito niente

mercoledì 16 dicembre 2015


Condannato a quattro mesi il manager di Expo, Christian Malangone, che subendo “le pressioni di Maroni”, addebitava ai conti Expo la trasferta della signora Maria Grazia Paturzo, inserendola nella delegazione che il 2 giugno 2014 doveva recarsi a Tokyo. Il reato sarebbe di “induzione indebita”, una tipologia penale di difficile comprensione. Seguendo il ragionamento degli ermellini, l’induzione indebita ricorre “in quei casi in cui al privato non venga minacciato un danno ingiusto e possa, anzi, avere persino una convenienza economica dal cedere alle richieste del pubblico ufficiale laddove costui ‘induca’ al pagamento quale alternativa alla adozione di atti legittimi della amministrazione, dannosi per il privato”.

Il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Milano, Chiara Valori, motiva il provvedimento, affermando che “non c’era una ragione istituzionale per il viaggio al fianco del presidente” della Regione Lombardia Roberto Maroni a Tokio per Maria Grazia Paturzo; era giustificato solo per “il piacere personale”. Il Gup sottolinea, inoltre, che “l’ingerenza” del governatore nella scelta di Maria Grazia Paturzo “appare del tutto arbitraria ed esorbitante rispetto al potere conferitogli”. L’indagine nasce da due contratti di consulenza garantiti da società legate alla Regione Lombardia, a Maria Grazia Paturzo e a Mara Carluccio. Con la prima - secondo quanto sostiene la Procura - Maroni ha intrattenuto “una relazione affettiva”. La seconda è stata una collaboratrice ai tempi in cui era ministro dell’Interno. Paturzo, “nell’estate del 2013, pochi mesi dopo l’elezione di Maroni”, viene collocata “presso la società di lavoro temporaneo che forniva i temporary manager ad Expo”. La Carluccio “viene dirottata su Eupolis, di cui la Regione Lombardia è socia”.

Da oltre vent’anni alcuni magistrati si sforzano per riportare in auge le brillanti performance giudiziarie degli integerrimi pretori degli anni settanta che percorrevano sotto un sole cocente spiagge e scogliere in cerca di culi e tette, debordanti dai primi bichini dell’epoca, ben in vista per la delizia della vista e del desiderio, per comminare condanne esemplari a difesa del buon costume e della pubblica decenza. Si ipotizzava una certa repressione sessuale del censore giudiziario ed una certa invidia inconscia per il fortunato che, oltre guardare, aveva l’opportunità di fare altro. L’azione repressiva della esposizione della carne era in parte giustificata dai severi studi e dalla rigida educazione confessionale dei magistrati puritani. Uno sforzo di annientamento con l’arma della morale, con la spada del divieto di ogni sentimento di affectio e di ogni impulso sessuale. Rigorosamente asceti. Giudizi posticci, volgari argomentazioni alimentano il grande libro del gossip ed i grossolani pettegolezzi nemici del diritto e delle libertà. Sicuramente imbarazzante la motivazione del Gup, portavoce di una parte del corpo della Magistratura, che invece di risolvere le drammatiche disfunzioni della Giustizia ci delizia con l’argomento che affascina ed interessa l’intera umanità senza distinzione di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Un tema quello del sesso nel quale tutti pensano di essere esperti, di poter esprimere giudizi, di dare consigli. Il sesso è un tema difficile, sovente poco conosciuto e non sempre portatore di gioia e piacere. Praticare il sesso, avere rapporti sessuali appaganti, non è come gustare una caramella al miele. Il rapporto sessuale affonda le radici nella storia dell’umanità.

Ogni epoca, ogni popolo ha praticato il sesso secondo le forme antropologiche determinatesi nei gruppi e nelle comunità che si sono formate, condizionate dall’ambiente geografico, dal grado di sviluppo. Le scienze dell’uomo, poco conosciute ai temerari moralisti di regime, si sono incaricate di indagare questo fenomeno, il sesso ( il rapporto sessuale) nei vari aspetti, da quello antropologico a quello etnologico, da quello etologico a quello psicologico, da quello sociologico a quello morale, da quello fisiologico a quello demografico e dei risultati statistici. Uno sguardo anche sommario alla morale ed al costume sessuale delle varie comunità umane del passato e del presente basta a rilevare che la concezione etica, l’atteggiamento emozionante ed i modelli di comportamento oggi prevalenti nel mondo non sono affatto universali. Atteggiamenti e modelli formali confliggono con l’attività sessuale reale dentro e fuori i modelli disegnati dalla società di appartenenza. Un altro aspetto della attività sessuale, poco indagato anche dalle scienze di riferimento, è quello del coito nella nuda esecuzione dell’incontro tra due soggetti; lo statuto esecutivo delle segrete arti del sesso, questa quotidiana attività alla quale tutto si connette.

Quando nel XVI secolo Giulio Romano rappresenta nelle sue incisioni 16 modi di fare l’amore e Pietro l’Aretino (1492-1556) le illustrò nei “sonetti lussuriosi”, l’artista secondo la morale del tempo avrebbe meritato la crocifissione. Eseguire la prestazione non è compito semplice per ottenere gioia e piacere. Occorre una certa agilità, una equilibrata varietà di pressione, dall’adagio ad una tonalità più forte, da una dolce aggressività, ad una piacevole passività, dal compiere esercizi analoghi al ballo sia il lento sia il rock, sostenuti dalla assenza di fretta; una robustezza per tempi lunghi. La rapidità è nemica del piacere. Importante è l’atteggiamento psicologico non conflittuale, privo di qualsivoglia desiderio di conquista, di vittoria. Un cristiano amore per il contatto, una predisposizione alla gioia, una condizione emotiva alla scoperta, di curiosa introduzione nel corpo dell’altro alla ricerca di sensazioni nuove e diverse da quelle già scritte nella memoria di incontri passati. Quando scoppia il mitico “68 da una parte all’altra dell’ Atlantico la Bibbia delle giovani generazioni sul tema sesso diventa “Eros e Civiltà”, un libro scritto da Herbert Marcuse nel 1955, nel quale formula l’idea di una società “liberata”, non repressiva.

Forse l’autore che più ha influenzato il popolo sessantottino di ogni Paese è Wilhelm Reich con la “Rivoluzione Sessuale”. Nel processo sociale le sollecitazioni emozionali e mistiche delle masse hanno altrettanto, per non dire maggiore, significato degli interessi puramente economici (Psicologia di Massa del Fascismo del 1933). Alla liberazione sessuale delle masse influiscono anche autori come Erich Fromm, (eccellente divulgatore delle teorie freudiane) e gli scrittori Henry Miller, Charles Baudelaire e Plutarco, nato intorno al 50 d.C. Sul piano del sesso praticato, oltre alle numerose edizioni sulle tecniche del coito ( Jane Fonda), il libro di Franco Cuomo “Elogio del libertinaggio” segna un punto decisivo, ma la monumentale opera di Reich “Teoria dell’ orgasmo”, anche se poco letta, costituisce la fonte del sapere sul sesso. Reich, sulla base dei risultati acquisiti dalla osservazione dei suoi pazienti sottoposti a psicoanalisi, avvertì la necessità di dare una spiegazione alle esigenze sessuali degli individui e la trovò nella riproposizione della dualità corpo/energia. Secondo Reich la funzione erettile sarebbe la controparte meccanica dell’accumulo di energie, da cui la distinzione tra “orgasmo genitale” (l’eiaculazione) e “l’orgasmo sessuale” (la scarica di energia in eccesso). La nevrosi sarebbe il prodotto degli ostacoli al naturale fluire delle energie nell’organismo (la corazza emozionate e muscolare).

A tutto concedere, le evidenze empiriche ci segnalano che tra due protagonisti del coito quello che svolge il ruolo del maschio deve possedere una virtù ulteriore: l’erezione che non si ottiene a comando. Aprire la bocca per mangiare è un’operazione volontaria (in alcuni casi forzata dalla dipendenza dal cibo), accendersi una sigaretta è pure una operazione volontaria, ma aumentare o diminuire i battiti cardiaci non è volontaria, non dipende da noi, come pure avere o non avere l’erezione. Forse è l’altro da noi che genera tale rigidità del membro, anche se dell’altro potremmo non avere la massima considerazione e stima, come il contrario. Questo dato di realtà condiziona l’agire, determina l’approvazione e la disapprovazione di coloro che emettono giudizi senza conoscere se il “pezzo” risponde o è assente. Sovente il giudicante deborda dal perimetro di sua competenza e delle sue conoscenze, emettendo giudizi che denunciano un delirio di onnipotenza ben sapendo di godere dell’impunità.


di Carlo Priolo