martedì 8 dicembre 2015
È ormai tempo perso cercare di spiegare al Premier e ai suoi assistenti i motivi per i quali l’Italia non si muove, perché sia chiaro, lo zero virgola sette o otto di crescita sono e restano una minuzia intorno alla quale solamente i mediocri continuano ad accapigliarsi.
Infatti, esserci ridotti ad assistere ovunque a guerre mediatiche da prima pagina per differenze di uno o due decimali, la dice lunga sullo stato dell’arte, sulla gravità e sulla insistenza con la quale si spacca la lira per far quadrare i conti. Di certo lo sviluppo ritrovato, la crescita diffusa e il decollo della produzione in un grande paese non si possono testimoniare con qualche mollichella di decimale in più o in meno. Sono queste, scazzottate, che solo da noi si scatenano e solo da noi diventano oggetto di dibattito pubblico, altrove si sceglierebbe il pudore del silenzio oppure dell’ammissione di inefficacia delle politiche economiche adottate. La realtà è che se fossimo in un campionato di calcio dovremmo avere la faccia di confessare che lottiamo per la salvezza e non per il titolo, perché questa è l’unica verità italiana.
Come se non bastasse, prendersela come fa Renzi dalle colonne del Corriere della Sera, con il risparmio privato, è semplicemente imbarazzante, si tratta, infatti, della testimonianza del livello di impreparazione non solo economica ma più specificatamente sociopolitica. Oltretutto, andare a colpevolizzare il risparmio privato in un periodo come questo infarcito di vergognose truffe ai danni dei correntisti e degli investitori da parte di gruppi bancari, si commenta da solo. Come si può pensare di stimolare l’utilizzo del risparmio dopo averlo massacrato di tasse sul capital gain, colpito con l’omessa vigilanza sulla vendita di certificati e obbligazioni, inserito in ogni modo nel mirino di spesometri e redditometri, è non solo impensabile ma anche controproducente. Tutto ciò senza poi tenere conto che, in questi anni, gli italiani sono stati sottoposti ad un martellamento fiscale senza eguali, con il principale scopo di salvare gruppi bancari che ne avevano fatte di tutti i colori proprio a danno dei risparmi, delle riserve e delle giacenze dei privati.
Il risparmio è una cosa seria, tanto è vero che la Costituzione lo tutela, anzi lo dovrebbe tutelare, perché nei fatti la Corte Costituzionale non ha posto freni all’avidità della politica che, infischiandosene della Carta, lo ha ridotto a dindarolo fiscale per compensare scandali e necessità del carrozzone statale. Ecco perché non si spende e non si consuma, perché a forza di tasse e di cartelle fiscali, di criminalizzazione e di attacchi ideologici cattocomunisti, i risparmiatori si sentono ossessionati, terrorizzati, insicuri e vessati, preferendo così di non toccare nulla dei loro sacrifici. Del resto, la più elementare logica dovrebbe far capire che una cosa così cara agli italiani, che hanno fatto del risparmio virtù e anche salvezza, più viene attaccata e più è difesa in ogni modo. Ma questa elementarità economico sociale è purtroppo ignota a questo come ai governi che lo hanno preceduto, ed è inutile insistere nel cercare di spiegarlo invocando un cambio di rotta fiscale rivoluzionario e definitivo.
In Italia il fisco è stato amico solo di chi ha portato milioni all’estero, delle banche, delle slot machine, delle multinazionali, ma di quei poveri cristi dei piccoli risparmiatori se ne è infischiato, anzi, li ha sommersi di cartelle, addizionali e accertamenti. Per riportare la gente alla fiducia, per spingerla ad aprirsi di nuovo al consumo, per convincerla a incrementare la spesa, serve innanzitutto la pace fiscale per il passato, la chiarezza e la semplicità per il presente, la certezza fiscale per il futuro degli investimenti, altrimenti e giustamente, la gente continuerà a stare in guerra e a rinchiudersi in trincea, altro che shopping e acquisti. Insomma, piaccia oppure no è sempre e soprattutto intorno al nodo scorsoio delle tasse e del sistema impositivo e riscossivo che si gioca il futuro, la crescita e lo sviluppo del Paese, o si taglia quel nodo, che il centrosinistra ha reso asfissiante, oppure, prima o poi questo finirà inevitabilmente per strozzare tutto e tutti.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca