sabato 5 dicembre 2015
L’autocandidatura del governatore-bancarottiere della Sicilia, Rosario Crocetta, a mediatore per le Nazioni Unite tra le varie fazioni libiche non è, o almeno non è soltanto, uno scherzo su cui ridere, magari dimenticando per un po’ le molte ragioni per piangere che la sua Presidenza della Regione Siciliana ha provocato. In Sicilia e altrove.
Il proverbio napoletano “Pulcinella si confessa cantando” è un distillato di antica saggezza che ci dà la chiave per conoscere e capire molti retroscena altrimenti destinati a rimanere inesplorati. Naturalmente non intendo affermare che Crocetta, nella foga di “cantare” le sue ragioni per respingere l’accusa di latitanza dal suo posto istituzionale mentre la Sicilia si dibatteva in una situazione drammatica, in cui alla bancarotta, alla mafia, all’antimafia mafiosa, al caos istituzionale e amministrativo si sono aggiunti i danni dovuti anche ad eventi naturali, con le principali strade interrotte e malridotte, Messina per giorni senza acqua etc., è, scomparso per molti giorni, abbia poi ammesso di essersene andato in Africa.
Si fosse trattato solo di questo ci sarebbe stato da dire “peccato che non ci sia andato prima e non ci sia rimasto”. Anche la risibile pretesa di fare da “mediatore” per conto, pare, dell’Onu, non è l’aspetto più grave della questione. C’è chi si crede un poeta, un inventore, un profeta e chi si crede un “mediatore” internazionale. E c’è chi crede di farsi perdonare di non saper fare i conti, di parlare (e non solo) a vanvera di questioni istituzionali raccontando di conoscere, però, l’arabo e di aver letto il Corano.
Ma Crocetta ha ritenuto di dover aggiungere che durante i suoi evidentemente abbastanza frequenti viaggi in Libia, ha ottenuto grandi risultati “utili per l’economia e le relazioni politiche della sua Regione” e di conoscere i complicati problemi delle lotte di clan e fazioni di Misurata, Tobruk etc. etc. Ed allora un interrogativo è d’obbligo: ma che cosa è andato a fare in Libia? Ognuno, cui non sia stato notificato un divieto di espatrio, è libero di andarsi a sollazzare dove e quando gli piace. Ma quando si riveste una carica istituzionale si ha il dovere di non interferire stabilendo certi sollazzevoli rapporti con “fazioni e clan”, forieri (a quanto egli afferma) di così lauti profitti addirittura per l’intera Sicilia. O, come minimo, deve renderne conto alla Giunta ed al Parlamento regionale nonché allo Stato ed ai suoi Organi cui istituzionalmente è affidato lo specifico compito dei rapporti internazionali.
Lo ha fatto Crocetta? Certamente non ne ha riferito al Parlamento Siciliano ed alla Giunta (dove sarebbe stato subissate di poco gentili reazioni). E, poi, certamente Crocetta si sarà pagato le spese di viaggio, soggiorno, di passeggiate in auto o sui cammelli alla ricerca di capiclan e capifazione e, magari le spese per banchetti “propiziatorii”. Ma ci piacerebbe sentirlo affermare da lui. Né ci basta essere rassicurati, magari, dal fatto che a pagare non sia stata la Regione. Non c’è bisogno di dire perché.
Tutto ciò, lo ammetto, può guastare l’allegria, le risate sulla pretesa di Crocetta di improvvisarsi ambasciatore. C’è poco da ridere. E c’è poco da stare allegri anche all’idea che, magari, Crocetta stia pensando a procurarsi un altro lavoro, con una rassicurante “fuga” sull’altra sponda del Mediterraneo. Perché, in effetti, certa gente del suo partito oggi al Governo, sempre così impacciata quando si tratta di levarsi dattorno personaggi impossibili piazzati ed inchiavardati sulle poltrone istituzionali (si pensi a Marino) che c’è da aspettarsi che la burletta possa diventare tragedia con un “promoveatur ut amoveatur”. Ci manca solo che Renzi ci ammannisca un Crocetta ambasciatore Marcondirondirondella...
di Mauro Mellini