Cambiano i direttori nel pianeta editoria

venerdì 4 dicembre 2015


Cambia, con il nuovo anno, la geografia dei direttori di quotidiani. Dopo 20 anni di direzione lascia “la Repubblica” Ezio Mauro e lo fa il 15 gennaio, giorno del 40° anniversario della fondazione del quotidiano creatura di Eugenio Scalfari, con i miliardi di Carlo De Benedetti e del principe Carlo Caracciolo.

Nella capitale arriva da Torino Mario Calabresi, quarantacinquenne milanese che era alla guida de “La Stampa”, il giornale della famiglia Agnelli dal 2009. Il figlio del commissario di polizia Luigi Calabresi, ucciso dalle Brigate rosse, torna al quotidiano dove era cresciuto giornalisticamente ed era stato corrispondente da New York e caporedattore centrale. Questo giro si chiude con la nomina di Maurizio Molinari, 51 anni, al vertice de “La Stampa” richiamato da Gerusalemme dove era il corrispondente. Contemporaneamente il presidente del gruppo Italiana Editrice (la holding dell’editoria di casa Agnelli) John Elkann, ha completato il ricambio mettendo Massimo Russo come condirettore e dando a Massimo Gramellini l’incarico di direttore creativo “Itedi” con il compito di promuovere progetti editoriali innovativi anche in aggiunta alla sua collaborazione a “La Stampa”. Nel comunicato non si fa alcun accenno alla collaborazione di Gramellini alla trasmissione di Rai Tre “Che tempo che fa” di Fabio Fazio.

L’altra direzione che cambia è quella della “Libertà” di Piacenza, gruppo guidato da Donatella Ronconi. Anche in questo caso si tratta di soluzioni interne. Stefano Carini, cinquantaseienne piacentino, prende il posto di Gaetano Rizzato che va in pensione.

Novità di sostanza arrivano dalla Rai. Con il solo voto contrario del consigliere Arturo Diaconale è stato nominato l’ex direttore de “La Gazzetta dello Sport” e di “Vanity Fair”, Carlo Verdelli, responsabile editoriale con un contratto triennale, fortemente voluto dal direttore generale di viale Mazzini, Antonio Campo Dall’Orto, che dopo la riforma diverrà l’amministratore delegato dell’azienda pubblica radiotelevisiva.

Cosa sta succedendo nel pianeta editoria? Due soprattutto gli aspetti sui quali sono puntati i riflettori: l’attuazione dei piani editoriali industriali dei vari gruppi e le prospettive delle linee editoriali di fronte alle sfide dei prossimi anni, nonché di fronte al grido d’allarme che ha lanciato al seminario “Frontiere”, a Capodarco di Fermo, il presidente dell’Ordine Enzo Jacopino: “siamo in emergenza di dignità davanti ad un certo tipo di fare giornalismo”.

La realtà è amara.

Negli ultimi 5 anni gli 8 gruppi maggiori (Mondadori, Rcs MediaGroup, Editoriale L’Espresso, Il Sole 24 Ore, Monti-Riffeser, Caltagirone Editore, Editrice la Stampa, Class Editori) hanno perduto 2 miliardi di ricavi scendendo a circa 4 a causa del calo degli introiti pubblicitari e del crollo delle vendite, anche se ultimamente queste sono tornate a pesare il 13 per cento in più rispetto alla pubblicità in crisi. Per il digitale invece la strada è ancora in salita.

Ad aprire la strada al ripensamento dei piani industriali era stato a metà novembre il gruppo Rcs Mediagroup (che edita il “Corriere della Sera” e la “Gazzetta dello Sport”) che con il nuovo amministratore delegato Laura Cioli, d’intesa con il presidente Maurizio Costa (che è al vertice anche dalla Fieg) presenterà entro il 22 dicembre il nuovo piano industriale per affrontare “sfide complesse”. Non sono esclusi altri sacrifici per il personale dopo vari stati di crisi e prepensionamenti e dopo che i conti dei primi 9 mesi dell’anno si sono chiusi con ricavi in calo del 3,7 per cento e cioè 743 milioni che non comprendono più l’area libri venduta a Mondadori.

Sul piano politico c’è attesa per l’editoriale d’insediamento di Calabresi a “La Repubblica” e di Molinari al “La Stampa”, i due quotidiani uniti simmetricamente e con due direttori provenienti dallo stesso ceppo culturale. E se si considera che la famiglia Agnelli (e per essa John Elkann che si avvale per altri aspetti economici della collaborazione del capo della Fiat Chrysler, Sergio Marchionne) è l’azionista di maggioranza anche di Rcs (da pochi mesi Luciano Fontana ha preso il posto di Ferruccio De Bortoli e Paolo Mieli è tornato a fare l’editorialista) il pericolo di un’omologazione dei tre maggiori quotidiani italiani è concreto.

In questo quadro si aggiunge la vicenda Rai in attesa della riforma in discussione in Parlamento e della firma della convenzione con lo Stato per la gestione del servizio pubblico che Bruxelles vorrebbe assegnato con un’asta tra emittenti concorrenti. C’è un filo diretto tra Palazzo Chigi e colui che sarà il primo amministratore delegato della tv di Stato (si teme un ritorno di una gestione centralizzata tipo Ettore Bernabei). Carlo Verdelli come direttore editoriale (figura anomala e mai esistita in Rai) risponderà direttamente ad Antonio Campo Dall’Orto e avrà l’ultima parola sull’offerta informativa, anche delle Reti, anche se il piano delle due sole newsroom di Luigi Gubitosi è stato affossato.

Preoccupano, tuttavia, le continue assunzioni di esterni (con 1600 giornalisti e circa 1000 manager in organico) con incarichi di vertice: direttore editoriale, responsabile dell’ufficio legale (Pierpaolo Cotone ex Alitalia) e capo ufficio stampa (Luigi Coldagelli dal ministero della Giustizia e prima negli uffici stampa del Pd di Walter Veltroni e di Dario Franceschi, pur avendo collaborato in alcune trasmissioni Rai).


di Sergio Menicucci