mercoledì 25 novembre 2015
Quelli del politicamente corretto, tra i quali probabilmente si mimetizzano anche simpatizzanti e sostenitori dell’islam “frizzante” e radicale, ritengono che parlare di “guerra tra civiltà” in relazione ai tragici eventi che viviamo in questi giorni sia errato e fuorviante. Dipende dall’ottica con cui si considera la questione, ed è un distinguo sostanziale e dirimente.
Se guardiamo all’ideologia, perché in questo caso la religione, se non altro per chi la strumentalizza, si trasforma in ideologia politica di conquista e di sterminio, che ispira il terrorismo attuale di innegabile caratterizzazione islamica, radicalizzata a tal punto da contrapporre quella cultura, quel tipo di civilizzazione, a tutte le altre civilizzazioni, da convertire o da cancellare. Sotto questo profilo potremmo anzi dire che si tratta di una guerra, magari solo di gruppi radicalizzati e fanatici e non dell’intera civilizzazione islamica peraltro variegata e sfaccettata, che l’islam o comunque sue aliquote violente che in esso si riconoscono e si caratterizzano, hanno intrapreso contro i membri delle altre civilizzazioni, bollandoli con il marchio di ispirazione religiosa di infedeli, da sottomere, da convertire o sterminare.
Fintanto si è rimasti nell’ambito culturale, di valori civili e religiosi, di stili di vita e di organizzazione sociale il termine, se non proprio guerra, almeno quello di “contrapposizione e/o confronto competitivo” tra civilizzazioni mi sembrerebbe il più corretto e pertinente, tanto che chi scrive ha attivato sin dalle prime avvisaglie con la dizione “Ề guerra tra civiltà” una comunità Facebook della cui pagina è Amministratore. Ora qualcosa è cambiato, dalla rivendicazione di identità si è passati ad atti violenti, correntemente definiti di terrorismo, definizione anche questa non esauriente e del tutto pertinente nel descrivere lo scenario che stiamo vivendo. La dizione a mio avviso corretta e pertinente diventa a tal punto quella tecnica usata dagli specialisti di “guerra non convenzionale asimmetrica”, fortemente asimmetrica sotto tutti gli aspetti che caratterizzano gli opposti schieramenti, dai valori di fondo, agli armamenti e tipologia di azioni conflittuali, Ma sia pure asimmetrica di guerra si tratta con la sua regola fondamentale di vincere il nemico, meglio annientarlo se non lo si vuole ritrovare, ripresosi dalla sconfitta, nuovamente in grado di combattere, magari più forte e meglio organizzato di prima. Ề un ammaestramento costante dei teorici di strategia.
Bene allora, non si tratta di guerra tra civiltà e/o tra religioni, ma sempre guerra è con la sua logica e le sue crudeli regole. Il mondo non islamico e l’Occidente, in particolare, hanno preso coscienza di questo dato oggettivo, in modo emotivo e passionale le opinioni pubbliche, in modo freddo, razionale e forse persino cinico gli apparati, quei poteri influenti che a volte pesantemente condizionano il potere politico, a volte, come temo possa avvenire in questo frangente, si sostituiscono ad esso, scavalcandolo e ponendosi in una logica ad esso completamente estranea, in casi estremi contrapponendosi persino ad esso.
In questa fase di conflitto non convenzionale, nel senso che non viene combattuto secondo la prassi da schieramenti di forze regolari schierate sul campo, le parti contrapposte esaltano nel colpire l’avversario le proprie asimmetrie più efficaci e perniciose, da una parte azioni volte a diffondere il terrore nelle società civili avverse, scardinandone la normale vita sociale e ingenerando insicurezza come fattore in grado di indurre in soggezione, quindi a sottomettersi; dall’altra parte si perseguono fini analoghi rispondendo con la forte dissimmetria dell’apparato bellico, con devastanti azioni aeree e missilistiche che producono nella controparte effetti non dissimili a quelli ingenerati dal terrorismo nelle nostre società. Inoltre questa risposta può venire modulata e sapientemente mirata con l’effetto di favorire o penalizzare questa o quella fazione secondo la convenienza tattica del momento, anche in funzione di terzi sostenitori non direttamente in causa, in genere referenti di questa o quella fazione o ad esse ostili, ovviamente ricambiati con azioni ostili di guerriglia o di destabilizzazione. Indirettamente in questo modo si colpiscono anche i terzi sostenitori.
Con l’entrata da protagonista in questa guerra asimmetrica della Federazione Russa si è avuta anche una ridefinizione delle tattiche. La dichiarazione attribuita a Vladimir Putin che il perdonare è compito del Dio ispiratore e che semmai a lui spetta quello di inviargli al più presto i terroristi dovunque si trovino, lascia intravedere una potenziale fase di eliminazioni mirate in cui sarebbero specialisti gli Spetsnaz, acronimo di “Vojska special'nogo naznačenija” (forze per incarichi speciali), sulla falsariga dell’analogo approccio statunitense che ammonisce i nemici “potete anche fuggire, ma non nascondervi per sempre”.
Già, dietro l’apparente ritorno a contrapposizione da guerra fredda, Federazione Russa e Stati Uniti d’America danno invece l’impressione di operare in sintonia e sinergia. Allora è lecito porsi la domanda chi metteranno nella lista dei nemici, solo e soltanto i miliziani jihadisti o anche i loro sostenitori in Occidente considerati complici e traditori. Nelle liste degli “attenzionati” dagli spetsnaz ed omologhi di altri servizi potrebbero finire anche politici compromessi, magistrati e funzionari “illuminati”, operatori dell’informazione ritenuti attori di propaganda.
Quale il possibile scenario in Italia, dove il disagio ed il malumore sembrano serpeggiare in diversi apparati? La politica riuscirà a tenere la situazione sotto controllo o si aprirà una fase non dichiarata di guerra civile senza esclusione di colpi, probabilmente anch’essa asimmetrica e non convenzionale. In questa fase nessuno può dirlo, anche se in una serie di prossimi articoli ci sforzeremo di analizzare diversi possibili scenari e la probabilità che si verifichino. In questo frangente si registrano comunque minacce di varia natura, che destano preoccupazione, rivolte a personaggi esposti, per alcuni dei quali sono state già disposte misure di salvaguardia e di sicurezza.
di Giorgio Prinzi