mercoledì 18 novembre 2015
Più rosso di così non si poteva registrare. Negli ultimi cinque anni gli otto principali gruppi editoriali: Mondadori, Rcs (Corriere della sera, Gazzetta dello sport), Editoriale l’Espresso-Repubblica, quotidiani locali, Il Sole 24 Ore, Monrif (Quotidiano nazionale, Resto del Carlino, Nazione), Caltagirone editore (Il Messaggero, Il Mattino, Il Centro), Editrice La Stampa, Class editori (che edita Milano Finanza) hanno perduto circa 2 miliardi di ricavati scendendo dai 5,9 miliardi di fatturato ad appena 4 miliardi di euro.
La prima causa sicuramente il calo della pubblicità, che è precipitata dal 2010 al 2014 di circa il 41,2 per cento a causa della crisi generale dell’economia italiana. La seconda causa è il drammatico calo dei lettori. Soltanto nel 2014 si sono perdute 400mila copie al giorno, passando da 3,6 a 3,2 milioni (meno 12%), ma il crollo nel quinquennio è di quasi il 30 per cento con la conseguenza che soltanto la Spagna ha fatto peggio dell’Italia.
La diffusione dei giornali degli 8 grandi gruppi è scesa a poco più di 2 milioni di copie al giorno dai 2,8 milioni di cinque anni prima. Sul piano dell’occupazione, l’analisi dell’ufficio studi di Mediobanca rileva che la diminuzione dei lettori e dei ricavi pubblicitari ha provocato la perdita del posto di lavoro per 4.800 dipendenti, con i giornalisti scesi da 5.603 a 4.922 mentre gli operai sono del 34 per cento anche a causa della chiusura di 6 stabilimenti (66 da 72) e gli impiegati e dirigenti sono scesi del 32,8 per cento.
Il numero pertanto dei lavoratori del settore è passato da 1 mila a 13.300 dipendenti. Guardando i numeri di Mediobanca si ricava un cambiamento di tendenza nel modello di business: le vendite pesano il 13 per cento in più rispetto agli introiti pubblicitari, la cui incidenza è appena del 30 per cento e che gli otto maggiori gruppi valgono il 70 per cento dei ricavi del settore.
Altre due considerazioni. Le cose sarebbero andate anche peggio se non ci fosse stato il forte aumento dei giornali on-line, che secondo gli ultimi dati a disposizione inciderebbero per circa 180mila copie. La seconda osservazione è che, nonostante la forte cura dimagrante sul piano occupazionale, i conti continuano a non tornare. Il contenimento dei costi c’è stato, ma i bilanci continuano ad essere in rosso. La strada per la riorganizzazione dei ricavi è ancora lunga.
L’Italia è anche uno dei Paesi dove si legge di meno: soltanto 36 italiani su 100 legge un quotidiano. Mancano in realtà iniziative o spinte governative che inducano a sollecitare la lettura quotidiana. L’unico esperimento di una certa ampiezza è quella del “Quotidiano in classe” promossa dall’Osservatorio permanente giovani-editori varata da Andrea Ceccherini. I giovani sono ormai attaccati ai telefonini ed ai tablet mentre gli anziani guardano, per informarsi, maggiormente la televisione e qualche giornale lo leggono al bar, dal barbiere o ai centri comunali.
La tendenza a leggere meno riguarda anche l’Europa e soltanto tre quotidiani (la tedesca Bild della neo giovane direttora Tanit Koch arrivata a vendere fino a 5 milioni di copie, il giornale popolare inglese The Sun e il Daily Mail) sono tra i 50 quotidiani più venduti al mondo. Ben nove dei 10 giornali più letti al mondo sono indiani, cinesi e giapponesi, con l’unica eccezione dell’americano Today.
In Italia Mondadori, guidata da Marina Berlusconi, con l’acquisizione dell’area Libri ha scavalcato il gruppo Rcs Rizzoli diventando il primo gruppo per ricavi che raggiungeranno 1,4 miliardi di euro. Il gruppo Rcs è invece primo nei quotidiani a diffusione nazionale che con il Corriere della sera e la Gazzetta dello sport copre una quota di mercato del 17,3 per cento. L’uscita di scena dell’Ad Pietro Scott Jovane ha lasciato in eredità la gestione di nuovi tagli (Cassa integrazione a rotazione) per contrastare la discesa dei ricavi.
L’Editoriale l’Espresso è il primo per redditività industriale e si prepara a chiudere positivamente il 2015 anche se gli utili di bilancio dell’ultimo quinquennio sono relativamente modesti per entità. Il Sole 24 Ore ha messo in archivio nel 2014 il maggior incremento di ricavi digitali ed è riuscito ad incrementare il fatturato. Per il gruppo Monti-Riffeser, Il Giorno ha segnato il più contenuto calo diffusionale del gruppo, che tuttavia ha evidenziato una certa fragilità finanziaria.
Il gruppo Caltagirone editore è segnalato per la sua solidità e l’elevata liquidità salita a 5 volte il debito. Quanto alla Stampa che fa capo alla Fca- Chrysler, l’editore John Elkann, nipote dell’avvocato Agnelli, si sta allargando a livello internazionale con l’ultima acquisizione del pacchetto di maggioranza del settimanale inglese Economist dopo avere in portafoglio anche la maggioranza nel Corriere della Sera e al Secolo XIX di Genova.
Bene il gruppo Class, soprattutto per il peso dei ricavi digitali e del quotidiano economico Milano Finanza. È anche l’unica società ad avere aumentato il valore in Borsa dove sono quotati 7 degli 8 gruppi analizzati da Mediobanca. In conclusione, restano sulle spalle dei vari gruppi debiti notevoli al di sopra delle medie europee. Dal 2010 la capitalizzazione è scesa dal 2,57 all’1,4, perdendo nettamente il confronto con gli altri paesi europei. Secondo alcuni analisti i componenti dei vari Consigli di amministrazione qualche risposta alle domande per troppo tempo rimandate dovrebbero darle. L’editoria italiana, specie quella dei quotidiani, si colloca statisticamente agli ultimi posti europei e mondiali.
C’è qualche segnale di ripresa? Gli investimenti pubblicitari nei primi 9 mesi del 2015, secondo i dati dell’agenzia Nielsen, parlano di un piccolo progresso dell’uno per cento su tutto il mercato, spinti in alto dalla radio, Internet-digitale e dal traino dell’Expo. Fortemente negativi restano gli introiti pubblicitari dei quotidiani e dei periodici, mentre settembre è stato un buon mese per le tv (Rai +18%, Sky +7%, Mediaset + 3,4%, Discovery e Mtv +21 per cento). L’unica tv che peggiora le sue prestazioni è La7, la cui media dei nove mesi tocca il -9,7 per cento. Periodo negativo anche per il cinema.
di Sergio Menicucci