sabato 14 novembre 2015
Il maggior quotidiano di Israele ha scritto ieri che, moralmente parlando, la marchiatura, l'etichettatura dei prodotti d'israele voluta dall'Unione europea è simile alla stella gialla di Davide dei tempi bui, è il primo passo su una strada che non si sa fin dove potrà arrivare.
Un deputato della Knesset di sinistra ha aggiunto che l'Europa ha vergognosamente deciso di rafforzare, con l'etichettatura imposta, coloro che conducono il boicotaggio per Israele il cui vero obiettivo è cancellare Israele dalla carta geografica, altro che la ricerca della pace. A ben vedere, ciò che l'inqualificabile Commissione europea ha stabilito, benchè non incida più di tanto nell'interscambio commerciale, conferma che fra tante Ong, diversi parlamenti e non pochi forum globali, sta crescendo a dismisura l'accusa allo Stato Ebraico di nuova apartheid, con la coseguente evocazione delle sanzioni contro il regime del Sud Africa di allora e secondo un'operazione ideologica immorale, vergognosa e dalle conseguenze facilmente prevedibili - come vedremo fra poco a Milano e non solo - giacchè il solo pensiero di parificare il piccolo, libero, democratico, pluralista Stato israeliano con quelli totalitari con l'apartheid violatrice dei più elementari diritti umani da parte di una minoranza bianca arrogante e prevaricatrice, è semplicemente ignominioso. Ma tant'è.
Del resto l'aspetto che da tempo più contraddistingue la situazione di Israele è un senso di solitudine, di abbandono, di assenza di forti segnali di solidarietà nei suoi confronti in un contesto mediorentale dove, a cominciare da Obama per finire alla Ue "marchiatrice", è stata mostrata totale inadeguatezza di analisi, clamorosi errori di valutazioni, giganteschi abbagli sulle Primavere Arabe, desideri di fuga. Da ciò la crescita del Califfato assassino che immette in tutto il mondo musulmano, oltre che palestinese, il veleno nero e criminale dell'assalto alla civiltà occidentale, a cominciare dalla mirata distruzione dell'unico Stato della zona dove ebrei e musulmani convivono in libertà, compresa quella di dire e leggere e scrivere quello che si vuole. Come in Occidente, appunto. Si sente il solito coro: no pasaran, non prevalebunt, non vinceranno mai, li sconfiggeremo.
Ma fra il dire e il fare c'è di mezzo un mare tempestoso nel quale il simbolo della stella di Davide è ritornato ad evocare odi, aggressioni, stermini che sembravano appartenere alla pagine più cupe del nostro Novecento. E' come se si fossero rimessi a girare i rulli delle pellicole più emozionanti e più commoventi, da Exodus a Schindler's List, al Diario di Anna Frank con la loro insuperabile carica di lacrime e di storia. Poi, all'improvviso, le coltellate di un arabo contro Nathan Graff davanti ad un ristorante koscher, con la sua Kippa simbolo inequivocabile dell'osservazanza ebraica, in una Milano che si è svegliata sorpresa e tramortita da un'Intifada praticamente sconsciuta. Non si vuol dire che siano la diretta conseguenza dell'infame etichettatura. Ma, nondimeno, si iscrivono nel più ampio disegno della deligittimazione degli ebrei, del loro Stato e della loro storia, che è anche nostra.
Intanto arriva in Italia un altissimo statista dell'Iran, un dignitario inturbantato e pontificante come si addice alla missione di un regime clericale e autocratico (ma ricco di offerte e di interscambi). Ha detto che lui contro gli ebrei non nutre alcun odio, ma anche dell'amicizia. E' lo Stato d'Israele che non accetta. E infatti non c'è sulla loro Carta geografica.
di Paolo Pillitteri