martedì 10 novembre 2015
Lo psicanalista viennese Herbert Silberer, in un suo saggio, spiegava come la comparsa del simbolo fosse collegata all’intuizione spirituale di qualcosa che la mente non può ancora afferrare. Deve essere stato certamente così per i duemila sostenitori di Raffaele Fitto che, la scorsa domenica, prendendo posto nel teatro Olimpico di Roma si sono trovati di fronte a una gigantesca sagoma di leone che occupava buona parte del palco. È noto che nell’immaginario collettivo il re della foresta richiami gli archetipi della forza, del coraggio, della lealtà. Un bel tonico per le truppe convogliate nella capitale dalle provincie del Tavoliere, dalla Toscana e dal Veneto. Esauste ma entusiaste. Probabilmente un simbolo eloquente serviva per mandare un messaggio che giungesse forte e chiaro all’altra piazza, quella Maggiore, e più affollata, di Bologna. Ma cosa si voleva trasmettere ad amici, vecchi e nuovi, forse in un futuro prossimo alleati? Lo abbiamo chiesto al leader dei Conservatori e Riformisti, Raffaele Fitto.
Il suo movimento oggi è a Roma ma il centrodestra è altrove. Perché non è anche lei sul palco di Bologna? È consapevole che il suo volto non comparirà nella photo-opportunity del centrodestra ritrovato?
La Lega prova a esercitare la sua egemonia sulla coalizione. Ciò che non comprendo, e non condivido, è la presenza di Forza Italia. Berlusconi sta commettendo un grave errore politico incoronando Matteo Salvini alla guida di un centrodestra che non avrà alcuna possibilità di sconfiggere Renzi nelle urne. Non è questa la strada giusta per recuperare il consenso che abbiamo perduto in questi ultimi anni. Il problema è di dare una risposta credibile ai milioni di elettori che ci hanno abbandonato. Sbaglia chi pensa che il nostro tentativo sia quello di aver creato un partitino per guadagnare uno strapuntino nel governo o qualche spazio di potere. Siamo saldamente all’opposizione di questo governo che naviga sulla spinta della bolla mediatica renziana. Ribadisco che il nostro obiettivo è di impegnare la coalizione in un percorso riformatore serio da proporre agli elettori. Ma per avere successo non possiamo nasconderci dietro un irresponsabile “abbiamo fatto tutto bene”; bisogna analizzare criticamente il passato avendo il coraggio di riconoscere dove il centrodestra ha sbagliato. Ci sono stati errori clamorosi. Quando abbiamo provato a discuterne nel nostro vecchio partito siamo stati messi alla porta. Magari nei capannelli fuori dalle riunioni ufficiali molti colleghi ci davano ragione ma non hanno avuto la forza di ribadirlo pubblicamente, si doveva stare tutti zitti perché bisognava inseguire il miraggio dell’elezione condivisa del presidente della Repubblica.
E poi cosa è successo?
Si è visto com’è finita. Ma noi, in fondo, cosa chiedevamo di così scandaloso da non poterne parlare apertamente anche all’interno di Forza Italia? Chiedevamo, ad esempio, che le riforme costituzionali fossero un’ occasione per affrontare il tema del presidenzialismo o della forma di governo; chiedevamo che venisse inserito in Costituzione un tetto fiscale che obbligasse il governo a non andare oltre una certa percentuale di tasse da imporre ai cittadini. Il nostro torto più grande è stato di avere avuto ragione su alcuni dei grandi temi in discussione. Non è dunque nostro l’imbarazzo di rinnegare oggi ciò che appena ieri altri nel centrodestra hanno approvato. Prenda il caso della legge elettorale, l’Italicum. Ora viene giudicata il male dei mali, ma chi l’ha votata? Noi, no. E sulla questione della riduzione sostanziale della spesa pubblica, a Bologna cosa fanno? Sono per un tagliare la spesa pubblica o per la difesa delle municipalizzate? Per quanto ci riguarda abbiamo idee molto chiare in proposito: le municipalizzate, che sono fonte di corruzione e malaffare, vanno tagliate. Si pretende unità ragionando sulle convenienze di ipotetiche sommatorie elettorali ma non si ha il coraggio di affrontare le palesi contraddizioni nelle quali il centrodestra si è avvitato negli ultimi anni. Ecco come si arriva all’errore finale di Bologna. Anche questa volta sono in tanti in Forza Italia a pensare che sia stato uno sbaglio però non lo possono dire. Noi invece rivendichiamo la libertà di denunciare questo stato confusionale che non condurrà a nulla di buono per la costituenda coalizione.
Lei quindi si è smarcato dai partner di centrodestra ma, prima o dopo, le toccherà di sedere al tavolo delle trattative con tutti loro. Vi saranno condizioni non negoziabili che presenterà agli alleati per essere della partita?
È prima di tutto un problema di regole interne. È necessario che tutte le leadership nel centrodestra, a cominciare da quella che riguarda la guida della coalizione, siano espresse direttamente dagli elettori d’area con criteri democratici. Le scelte imposte dall’alto o partorite nel segreto di una stanza chiusa hanno rappresentato il problema della crisi della coalizione, non la sua soluzione. Quindi è essenziale che i nostri alleati, se davvero intendono dare vita a un percorso unitario di costruzione di una nuova e valida offerta politica, si convincano della necessità di attivare il meccanismo delle primarie per la selezione della classe dirigente che avrà la grande responsabilità di realizzare i programmi condivisi. Questo per noi è un punto irrinunciabile. Tuttavia non pensiamo di copiare lo strumento finto adottato dal Pd, che ha dato pessima prova di sé. Il nostro modello è quello americano e, in proposito, intendiamo presentare a breve una proposta di legge che ne stabilisca, in modo legale e trasparente, le regole di svolgimento.
Archiviata la manifestazione di Roma, a quali mosse sta pensando per far crescere il suo movimento?
Grazie all’ottimo lavoro che stanno facendo i nostri gruppi parlamentari stiamo mettendo in campo una serie d’iniziative ricche di contenuti. Le porteremo in giro per il paese organizzando assemblee aperte, regione per regione. Ad esempio, abbiamo proposto modifiche alla legge di stabilità che rispondano ai reali bisogni del paese. Che è l’esatto contrario di quel che accade con la manovra presentata dal governo la quale non coglie le opportunità esterne che stanno accompagnando la ripresa. Segnalo che le nostre proposte non sono demagogiche, come molte di quelle che stanno circolando in questi giorni in Parlamento, perché prevedono tutte una copertura finanziaria certa. Sono proposte serie e gli italiani dovranno esserne informati. L’obiettivo dei Conservatori e Riformisti è di stimolare la partecipazione convinta di quei milioni di elettori, che sono lavoratori autonomi, piccoli e medi imprenditori che fanno fatica a riprendersi con questa mini-ripresina che il governo Renzi si è intestata, ma anche pensionati che non ce la fanno a vivere dignitosamente con le poche risorse che hanno a disposizione. Tutti costoro hanno smesso di votare il centrodestra perché si sono sentiti delusi e traditi, ma sarebbero disposti a restituirgli fiducia in presenza di un progetto unitario credibile e, soprattutto, realizzabile. Non serve esibire una piazza che sappia soltanto battere le mani. Simili prove muscolari fanno il gioco dell’estremismo ma non conquistano quel campo moderato al quale noi Conservatori e Riformisti siamo naturalmente vocati.
Non teme che il suo movimento possa restare intrappolato in una dimensione localista?
Assolutamente no. A Roma sono venute persone da tutt’Italia per vivere insieme un’esperienza importante. C’è una parte del centrodestra che non ha aderito alla scelta di cedere alla Lega il diritto di dettare la linea all’intera coalizione. Ora questa parte deve trovare il coraggio e la forza di mettere in campo una proposta, non demagogica e populista, concretamente alternativa a quella di Renzi. Siamo consapevoli che si tratta di una sfida difficile e complicata che non può essere risolta in poche battute. Occorreranno due o tre anni almeno di lavoro nei quali ci impegneremo senza risparmiare energie. Tuttavia siamo certi che, alla fine, la scommessa possa essere vinta.
di Cristofaro Sola