Prove tecniche di centrodestra

martedì 10 novembre 2015


Il centrodestra si ritrova a Bologna ma sembrano passate parecchie ere geologiche o forse dire ere ideologiche sarebbe meglio. Le facce, i personaggi, gli assetti, i rapporti di forza ed il modo di fare politica sono radicalmente cambiati rispetto all’ultima volta che quelli del centrodestra si sono ritrovati uniti in una piazza. L’unico a non averlo percepito appieno sembra Silvio Berlusconi, che ha usato un’oratoria antica quasi come se fosse arrivato direttamente con il primo treno proveniente dal 1994. Non è che gli altri abbiano brillato ma tant’è, il centrodestra si è ritrovato unito e questa pare essere una buona notizia.

Premesso che una manifestazione sposta ben poco (se non esclusivamente la volontà politica di stare insieme), stupisce che, per riempire le pagine dei giornali anestetizzate dal buonumore renziano, si sia fatto un gran chiacchiericcio sul tema. Ha cominciato Berlusconi con il tormentone simil-morettiano sulla sua presenza: mi si nota più se vado alla manifestazione di Matteo Salvini o se non ci vado? Poi è stata la volta dei presunti fischi all’indirizzo di un Cavaliere che si era fatto prendere la mano (come spesso accade) e non smetteva più di parlare. Ed infine adesso si ricama tanto sulla presunta disfatta di Forza Italia che, secondo i sempre ben informati opinionisti, a Bologna avrebbe consegnato la leadership a Salvini sancendo la fine del centrodestra a trazione berlusconiana.

Il che assomiglia tanto ad un falso problema dato che, alla vigilia delle prossime elezioni, Berlusconi avrà quasi 82 anni e difficilmente potrà pensare di guidare il fronte anti Renzi. Che il ricambio ci debba essere è un fatto anagrafico per cui non si può non accorgersi dello scorrere del tempo. Ma di qui ad ipotizzare che la leadership sia stata consegnata a Salvini, il passo è enorme ed apre il campo ad una serie di considerazioni che non saranno utili ad alimentare gli stipendi dei retroscenisti ma di cui ci corre l’obbligo di dar conto. Tutti hanno fatto ciò che dovevano fare: mentre Berlusconi tentennava tra un patto ed un ripensamento, Salvini ne ha approfittato per cavalcare in solitudine le ragioni dell’opposizione e quindi oggi si è accreditato come paladino anti sinistra, occupando uno spazio consistente, pur comprendendo da solo i limiti del proprio appeal elettorale.

Ragion per cui ha pensato bene di appoggiarsi alla figura di Berlusconi il quale, nonostante l’innegabile appannamento, assicura ancora una garanzia di presentabilità verso il cosiddetto popolo dei moderati. Di per contro anche Berlusconi ha fatto l’unica cosa possibile e cioè presenziare alla manifestazione organizzata da Salvini riconoscendone democraticamente l’ascesa e contribuendo a ricompattare quel fronte anti renziano destinato ormai alla marginalità. Non c’erano altre strade da percorrere per evitare lo sfondamento a destra ad opera del Partito della Nazione la cui nascita stava incatenando il quadro politico in una sorta di schema a due con i Cinquestelle, destinando il centrodestra ad una slavina elettorale senza scampo. Questo gesto di Berlusconi ha significato evitare con responsabilità l’annientamento e non certo consegnare lo scettro a Salvini.

Ciò anzitutto perché le leadership si conquistano sul campo (ed il sentiero fino alle prossime elezioni è lungo) ed in secondo luogo perché ciò presupporrebbe la disponibilità della leadership del centrodestra nelle mani di Berlusconi mentre ad oggi vediamo solo delle macerie del fu Popolo delle Libertà e per di più acefale. L’attuale peso di Salvini è innaturale e forse non si sarebbe verificato se Forza Italia non avesse lungamente lasciato deserto il campo dell’opposizione permettendo al Capitano Leghista di appropriarsene per mancanza di contendenti (ed anche ovviamente per indubbie qualità). Al momento il centrodestra a trazione Leghista gode sicuramente di uno stato di salute migliore di quello ante manifestazione ma, com’è giusto che sia, le elezioni non si vincono con la piazza ma con programmi e protagonisti inclusivi.

Il bravo Salvini da questo punto di vista ha dei limiti e dovrà giungere a più miti consigli per evitare di bruciare la propria carriera diventando un perdente di successo. A Forza Italia invece, stante la totale assenza di una classe dirigente degna di questo nome e di leader che possano sostituire Berlusconi, potrebbe al limite far comodo mandare avanti Salvini a rimediare una probabile batosta (sia pur di misura) contro due avversari ostici come Renzi ed i pentastellati. Fatto sta che la prima pietra della ricostruzione è stata posta e ciò è ovviamente incoraggiante per chi non si riconosce nel partito unico renziano. Con buona pace dei retroscenisti che di tutto si sono occupati tranne che della indecorosa violenza perpetrata dai soliti democratici dei centri sociali la cui opera distruttiva era poi la vera notizia della giornata.

Questa bella gente, al grido di “Bella Ciao”, si è resa come di consueto protagonista di una guerriglia urbana in nome di un concetto molto personale di democrazia e di libertà che quantomeno non contempla la libertà altrui di esprimere in piazza il proprio pensiero. Le bombe carta, la sassaiola e gli scontri con la Polizia non erano forse una notizia succosa per i cronisti dei giornaloni? Evidentemente non parlare di questi signori è diventata una consuetudine per i benpensanti, un modo per conservare intatta la loro verginità da Partigiani di non sappiamo cosa. Anche questa è censura.


di Vito Massimano