domenica 1 novembre 2015
E’ normale, quando si desidera l’amore di una persona, fare di tutto perché quella persona possa giudicarci positivamente, stimarci e provare affetto per noi; è invece perverso circuirne la vita e operare una sorta di sequestro psicologico, culturale ed esistenziale per costringere o corrompere la sua attenzione.
La concezione democratica dovrebbe portare i politici a cercare la stima del popolo per meritarne il consenso, invece, la nostra democrazia preferisce assicurarsi un stima estorta, comprata e sequestrata attraverso il plagio, la corruzione, la vessazione, il voto di scambio e anche la paura. Insomma, la democrazia dovrebbe interpretare e rispettare l’espressione popolare ma la democrazia italiana fa tutt’altro. Per iniziare finalmente a descrivere i “giochetti” con i quali la politica nostrana tradisce la fiducia del popolo, abbiamo dovuto spendere i primi 10 capitoli di questo corso. Ci scusiamo per il tempo impiegato, ma, anche nel caso di lettori particolarmente intuitivi, sappiamo che la conoscenza vuole maturazione e che l’immediatezza non porta a capire molto.
In tema di politica, troppa gente confonde la suggestione con la conoscenza e parla senza sapere; se non ci fossimo intrattenuti almeno sui dieci capitoli precedenti, non avremmo la base necessaria, anche se minima, per capire come possano funzionare gli sporchi giochetti che stiamo per descrivere. Come impegnati a redigere una sorta di manuale d’uso, nei primi dieci capitoli abbiamo tracciato le configurazioni che i partiti politici adottano per esercitare la loro prepotenza istituzionale in base agli assetti gerarchici e territoriali. È il caso di prendere atto che c’è una sostanziale differenza tra politica e partitica e senza tirare in ballo chissà quali definizioni, è opportuno difendere la politica ricordando che i partiti sono strutture che la manipolano a loro piacimento, rinnegando spesso ogni etica. Per rimanere comunque “in sella”, anche indipendentemente dal consenso popolare, i partiti politici attuano ogni nefandezza, dando così origine ai giochetti che ci accingiamo a descrivere fino nei particolari.
Il fine, ambiguamente mascherato anche dal solito linguaggio che accontenta i bigottismi e le fissazioni popolari, è quello di mantenere il controllo totale della società civile, delle istituzioni e del territorio. Insomma, i giochetti ai quali ci riferiamo, altro non sono che il raggiro dei partiti per mantenere i privilegi di un potere deviato. A questo punto, siamo pronti per capire la commedia dei congressi che, come affermato nel quarto capitolo, sono "la quinta più imponente di cui i partiti dispongono". Nelle piccole realtà territoriali che abbiamo chiamato ripartizioni, si parla di assemblee, poi, salendo in dimensione, i congressi si suddividono in cittadini, provinciali, regionali e nazionali; in genere, il voto è procapite fino alla dimensione provinciale, mentre è espresso dai delegati, nei livelli regionali e nazionali. Collochiamo adesso la nostra telecamera virtuale e prepariamoci a riprendere la farsa di un congresso tipo.
di Giannantonio Spotorno