Sistema irriformabile

sabato 24 ottobre 2015


Innescato dall’arresto di 35 dipendenti comunali di Sanremo, scoperti a fare altro in orario di lavoro dalla Guardia di finanza, si è scatenato un dibattito a tutto campo sui media. Un dibattito a mio avviso surreale in cui si ripetono gli stessi concetti e gli edificanti auspici che circolano da almeno quarant’anni. E mentre i vari programmi televisivi specializzati nello sterile chiacchiericcio fanno a gara nel mandare in onda servizi che scoprono l’acqua calda, andando a scandagliare i luoghi della conclamata inefficienza del pubblico impiego, i farisei dell’opinionismo italiota cadono dal pero, invocando pene esemplari per i cosiddetti dipendenti infedeli. Vengono rimasticate vecchie tesi, come quella espressa a “La vita in diretta” da Stefano Zurlo (nella foto), teoricamente appartenente all’area liberale, secondo cui un certo malcostume nella Pubblica amministrazione sarebbe stato sempre tollerato a causa di una trattamento economico più basso rispetto a quello dei colleghi privati.

Argomentazione classica che spesso viene abbinata alla scarsità negli organici di questo o quel settore e/o alla mancanza di una efficace riforma - parola sempre più misteriosa - nei vari comparti pubblici. Sta di fatto, allargando il discorso a tutto ciò che compete alla mano pubblica, che in questo disgraziato Paese tutto funzionerebbe male, economia compresa, perché le risorse che lo Stato destina alla spesa sono sempre dannatamente poche e la classe dirigente ai vari livelli sempre dannatamente inadeguata. Tirando le somme, dal mostro di Frankenstein di questi antichi luoghi comuni viene fuori la ricetta di sempre: il cosiddetto Governo migliore. Ovvero una versione edulcorata del sinistro Gosplan sovietico, il quale riesca nel miracolo di aumentare l’efficienza dello Stato, creando dal nulla ulteriori risorse da spendere in altre mirabolanti campagne di assunzioni di pubblici salariati, tutti rigorosamente selezionati sulla base del chimerico merito.

Nel frattempo, nessuno sembra essersi accorto che in Italia la spesa pubblica complessiva ha raggiunto livelli parossistici, complice un sistema politico-burocratico che si arroga il diritto di mettere il proprio naso ovunque e le mani sempre più a fondo nelle tasche dei contribuenti. Ed è forse proprio questo il problema, ossia quello di uno Stato ladro che vuole occuparsi di tutto e di tutti e che, a causa di ciò, fallisce regolarmente ogni obiettivo. Ma la nostra intellighenzia che popola i salotti mediatici, in gran parte cresciuta a pane e collettivismo, non se ne cura, continuando ad invocare una improbabile Città del sole.

 


di Claudio Romiti