Riforma dell’editoria: si va a passo lento

giovedì 15 ottobre 2015


Iniziato alla Camera il confronto sulla riforma dell’editoria. Non è la prima volta, comunque, che non si conclude il percorso. I tanti distinguo, le divisioni tra gli schieramenti e l’inserimento di argomenti come quello sull’abolizione dell’Ordine nazionale dei giornalisti rende difficile l’unificazione delle varie proposte di legge. Eppure il settore attraversa una crisi profonda. Il sostegno all’editoria è ancora largamente presente e diffuso nei Paesi dell’Unione europea in quanto i fondi non sono considerati aiuti di Stato, i quali sono proibiti dalle norme comunitarie. In Italia inoltre i grandi giornali d’informazione non sono più destinatari di contributi diretti.

Bocciata quindi l’ipotesi del Movimento 5 Stelle dell’abolizione di ogni forma di finanziamento, va avanti la proposta avanzata dal Pd di istituire un Fondo unico di aiuti sulla base dei risultati raggiunti dagli incontri del sottosegretario Luca Lotti con editori, giornalisti ed edicolanti. Al centro della riforma c’è l’istituzione di un Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, della durata di cinque anni (quindi fino al 2020). La disponibilità sarebbe di 90 milioni per quotidiani e periodici, sommando i 48 milioni di contributi diretti e i 40 messi a disposizione del Fondo straordinario triennale soprattutto per i prepensionamenti e sgravi per nuove assunzioni.

Ci sono dubbi sull’esiguità dello stanziamento e riserve sulle modalità dell’erogazione. Tutti i soldi pubblici a sostegno dell’editoria verrebbero convogliati nel nuovo e unico Fondo da attivare già dal 2016 e ripartiti con decreto della Presidenza del Consiglio o dal sottosegretario di Palazzo Chigi con delega. Questa riforma andrebbe dalla ridefinizione dei contributi diretti a sostegno degli investimenti in imprese editoriali, dal rinnovo della distribuzione dei giornali (liberalizzazione degli orari e revisione della rete sulla quale pesa l’ipotesi delle Poste di distribuire la posta in 5.200 Comuni a giorni alterni) ai progetti innovativi nel campo digitale, alle ristrutturazioni aziendali e agli incentivi fiscali per le aziende che investono in pubblicità, considerato che anche questo mercato stenta a ripartire. Le regole di accesso ai finanziamenti si baseranno sul numero di copie effettivamente vendute mentre non ci saranno più soldi pubblici per i giornali di partito, per quelli sindacali e per quelli super specializzati di carattere tecnico. Le testate che ne avranno diritto dovranno avere comunque un’edizione online.

A salvarsi sono le cooperative giornalistiche e gli enti no profit per i quali non sarà più obbligatoria l’edizione cartacea. Il testo dei grillini propone, oltre all’abolizione tout court dei contributi pubblici destinando i fondi risparmiati al sostegno di startup in campo editoriale, la soppressione dell’obbligo di pubblicazione su almeno due quotidiani dei bandi di gara delle amministrazioni pubbliche. Il Governo tenta comunque di recuperare il lavoro preparatorio già effettuato dalla Commissione ambiente che ha lavorato per oltre un anno sul tema. Montagne di carte e di audizioni che sono in archivio. Quello che lascia perplessi è che dopo tanto tempo e discussioni il Pd con Maria Coscia, prima firmataria, abbia optato per la delega al Governo lasciando così la decisione finale a Palazzo Chigi.

Nella proposta sono annunciate nuove regole sulla proclamazione degli stati di crisi mentre verranno ridefiniti i “requisiti di anzianità anagrafica e contributiva” per l’accesso ai trattamenti di vecchiaia anticipata, oggi fermi a 58 anni di età e a 18 anni di versamenti previdenziali. Poi, tanto per non farsi mancare nulla, è stata inserita una norma sulla razionalizzazione delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti con la riduzione degli attuali componenti a 18 consiglieri.

Il cammino è ancora lungo. Molti ambienti considerano favorevolmente l’esclusione dai benefici della stampa dei partiti e l’opportunità di legare le provvidenze all’occupazione regolare. Per il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, “la proposta di riforma targata Pd rappresenta un passo avanti nel tentativo di affrontare compiutamente le criticità del sistema e di porre le basi per il rilancio”. Gli ultimi dati Nielsen sul mercato degli investimenti pubblicitari, da gennaio ad agosto, dicono che i quotidiani hanno perduto il 7,8%, i periodici il 3,6%, la tv il 2,7% e internet il 2,1%. In aumento solo la pubblicità radiofonica. I dati Ads di agosto evidenziano con chiarezza che l’editoria quotidiana continua a mostrare la corda, avvitata in una situazione di conti appesantita dalla pubblicità che non manifesta segnali di ripresa e dalle vendite calate del 7,5% nonostante la crescita delle copie digitali che, però, spesso sono vendute scontate sul prezzo medio.


di Sergio Menicucci