La missione del cantastorie

martedì 6 ottobre 2015


Nel question time alla Camera dei deputati del primo ottobre, Matteo Renzi ha dichiarato: “Nel primo anno e mezzo di governo la priorità è stata il salvataggio dell'industria manifatturiera e il lavoro, per passare dal segno meno al segno più di tutti gli indicatori economici. Questa prima fase aveva come scopo quello di portare l’Italia fuori dalle sabbie mobili e ora possiamo dire: missione compiuta”.

Dunque, secondo l’abile cacciatore di consensi che occupa la cosiddetta stanza dei bottoni, la labile ripresina contabile che sembra interessare un Paese devastato da una lunga crisi economica non solo deve essere interamente ascritta all’azione del Governo in carica, ma si tratta di una impresa che resterà negli annali della storia repubblicana. Eppure c’è chi sostiene, non senza fondamento, che questo modesto rimbalzo della nostra economia - che per ora si trova al livello del famigerato rimbalzo del gatto morto - sia da mettere in relazione con tutta una serie di fattori che esulano completamente con le scelte dei rottamatori al comando. In sostanza, Renzi e soci si stanno intestando l’effetto combinato di alcuni elementi contingenti - su tutti il Quantitative easing disposto da Mario Draghi, la conseguente svalutazione dell’Euro e il crollo del prezzo delle materie prime - che stanno ridando molto fiato alle nostre imprese, soprattutto sul piano dell’export.

Tuttavia, trattandosi proprio di una congiuntura estremamente favorevole quanto irripetibile, è assai probabile che le cose per noi torneranno forse peggio di prima quando il sistema economico-finanziario globale si sarà, per così dire, normalizzato. A quel punto risulterà chiaro il fallimento del giovane mago fiorentino sul piano di quelle tanto decantate riforme strutturali che tutti invocano ma che nessuno, Renzi compreso, ha mai il coraggio neppure di abbozzare. Riforme che, come mi trovo a ripetere fino alla nausea, dovrebbero puntare a ridurre i costi esorbitanti di uno Stato assistenziale che si pappa il 55 per cento del reddito nazionale, consentendo di abbattere in modo sostanzioso la pressione fiscale allargata. Niente a che vedere, dunque, con quella ridicola partita di giro delle tasse attualmente in atto, la quale serve solo a redistribuire il carico a seconda delle convenienze del “principe”, ma che non sposta di una virgola il colossale problema di un gravame tributario insostenibile. E da questo punto di vista, ossia alleggerire il peso dello Stato ladro sul Paese reale, Renzi ha compiuto una vera, grande missione del nulla.


di Claudio Romiti