giovedì 10 settembre 2015
L’ammirazione e la simpatia istintive che ho per Giuliano Ferrara non mi impediscono di lasciarmi andare ogni tanto ad inseguire il sospetto che Giuliano sia spesso sopraffatto dalla preoccupazione di dimostrare di essere molto intelligente. Una preoccupazione del tutto inutile, e, quindi, venata di patologia, perché non ha alcun bisogno di dimostrare quello che tutti gli riconoscono e non potrebbero fare a meno di riconoscergli. E, naturalmente, queste inutili esibizioni di un fatto ovvio sono gli unici momenti in cui l’ovvietà vacilla e si è persino portati a dubitarne. E’ probabile, lo ammetto, che sia io che dovrei dubitare di quel po’ di intelligenza che mi riconosco e di ammettere che i pregiudizi sono in me più forti di quanto dovrei permettermene. Certo, non mi va proprio giù quest’apprezzamento per Renzi ed il renzismo e per le sue riforme deformi ed incoerenti, la sua pretesa di metter mano alla demolizione del “bicameralismo perfetto” senza possedere le più elementari nozioni, o la più istintiva delle attenzioni non solo per le alternative, ma anche per le implicazioni della “rottamazione”.
Vedere in Verdini uno statista accorto, il “lato buono del berlusconismo”, è cosa che mi sa di ridicolo. Sarà perché Verdini non lo ho “scoperto” io, anzi non lo ho mai conosciuto e quasi quasi ne ho ignorato l’esistenza. Certo che vedere questo ex scudiero del Cavaliere correre a dare una mano al “partito monocratico”, a Renzi ed alle sue deformi riforme è cosa che è per me al di là della possibilità di ipotesi diverse di giudizio. E così il sospetto si rafforza: Ferrara non può ignorare che difendere Verdini è cosa da provocare stupore e, magari, ilarità. E lo stupore, con l’appendice di chi sa quali dietrologie intellettuali, sembra sia quanto Ferrara si preoccupa di ottenere. Senza, ripeto, averne bisogno.
Sia così, oppure no, il fatto che la frantumazione della Destra ed il ridursi del gradimento di Renzi (quello tra la gente comune, non affetta da eccessi di intelligenza) all’accettazione malinconia della “monocrazia” del suo partito (tenuto assieme dalla prepotente impostura della “monocrazia”) è cosa angosciante e perversa, alla quale dare una qualsiasi forma di consenso è sempre più difficile. E, a quanto pare anche più stimolante per Giuliano.
di Mauro Mellini