venerdì 24 luglio 2015
Gli stramiliardari ed anche gli stramilionari si sono allontanati sugli elicotteri, negli yacht, o nelle isole private a decine di migliaia di km, in alto ed in largo, dal comune ammasso della vita quotidiana.
Per il resto dell’umanità, soprattutto della sua maggioranza che ritiene di meritare un qualche rango, l’era dell’individualismo più sfrenato è divenuto uno sfigato collettivismo sporco e disadorno. Paradosso vuole che anche l’abito più chic, la parure più in, la terrazza più charmant, non sfuggano all’invasione sempiterna, continua ed ininterrotta della formicolante corte dei miracoli. Dovunque, come manto oscuro che copre il sole e ne aumenta il calore, si stende il nero sudario di questuanti, vendenti, lamentanti, scippanti, bottiglieportanti, voyeuristicamente sedenti e mille luoghi occupanti.
Sono 6mila i manifesti pubblicitari che l’occhio senza avvedersene vede, il doppio le reclame audio che l’orecchio non crede di sentire ed il triplo gli spot ed i banner che il web impone sugli apparati elettronici. Più numerose ancora, le presenze e le questue che la grande massa nera è in grado di imporre durante la giornata maxime al villeggiante che non può nascondersi nei suoi fortini claustrofobici quotidiani.
Si può essere individualisti nell’abitacolo dell’ufficio, dello studio e, dell’auto, ma appena se ne esce tutti i luoghi di passaggio dall’uno all’altro precipitano sotto la dittatura della folla nera. Per evitare che la scarpa pregiata non si sporchi e la cravatta curata non si macchi, gli individualisti controvoglia pagano più volte il prezzo del povero ricatto. Non c’è gentile scarpetta che tenga, o romantico incontro o esclusivo dibattito letterario nel lounge ritenuto isolato. L’hotel più caro e la spiaggia più protetta sono facilmente penetrati dalla libera battigia. Security e polizie, che hanno la meglio sui manifestanti, giornalisti e paolini, nulla possono di fronte alla formicante folle folla nera, invincibile per la sua stessa ignoranza, sfrontatezza, indifferenza e soprattutto quantità.
Il grande melting pot - immigrato di oggi, borgataro di ieri e gitano di sempre – è ossessivamente presente, anche quando è lontano. Evidenti tracce di macerie, resti, rifiuti, vetri, bottiglie, scritte, fumi, odori ed altri imprinting di possesso del territorio restano a ribadire la pulsante promessa del ritorno. Il nuovo nero melting pot fa impallidire il ricordo degli hippie, dei figli dei fiori, dei freak, dei punk, dei leoncavalli che stesi sull’asfalto a piedi nudi si leggevano la mano tra di loro Diversamente dalle precedenti corti dei miracoli alternative, questo melting pot non vuole vivere per conto suo, non contesta il piccoloborghese. Anzi, lo ama e lo insegue perché da lui dipende, dalla sua elemosina, dal suo piccolo acquisto, dalla sua poche da frugare. Lo assedia e lo trova perché lo aspetta e lo segue con pazienza infinita.
Così disperati, i borghesi hanno rinunciato alla libera mobilità ed hanno riscoperto i tesori loro vicini. Ville e resti archeologici, bocciofile e campi da tennis, circoli sociali ed ex monasteri, dove ritrovarsi, attorno a piscine, con familiarità e formalità, protetti da alti cancelli, stretti vicoli e formali regolamenti ottocenteschi. Ammassati in poche centinaia di metri, potrebbero stupire per la scelta di rivivere la quotidianità dell’età imperiale romana tra grandi tombe, cisterne di tufo e pini dannunziani, invece che scegliere i tanti lidi a loro disposizione in pochi minuti o poche ore. Logica vuole che nei circoli privati siano liberi dai vu’cumprà. Non ci sono circoli più politici di questi.
di Giuseppe Mele