Il “pacco” a Crocetta

giovedì 23 luglio 2015


Il Governatore Rosario Crocetta si dovrebbe dimettere solo se avesse il coraggio di vedere, con occhio leale, in che condizioni è la sua Sicilia da quando ne ha preso il comando.

Invece, siccome siamo (per dirla con Claudio Cerasa) “nella Repubblica dello sputtanamento e dell’origliamento in servizio permanente effettivo”, il numero uno della Regione dovrebbe invece andarsene per aver ascoltato al telefono - senza batter ciglio - una frase pronunciata da un suo amico medico (Matteo Tutino) sull’ex assessore alla Sanità della Sicilia (Lucia Borsellino); il telefono del sanitario era sotto intercettazione il cui contenuto, chissà poi perché, è finito nelle mani della redazione de “L’Espresso”, che ha pubblicato il tutto dando la stura al casino.

Particolare di non poco conto: la Procura di Palermo ha smentito che agli atti ci sia la frase incriminata ed anche quella di Caltanissetta (tirata in causa per un’altra inchiesta sul medico) ha altrettanto negato la presenza di quanto pubblicato dal settimanale. E allora? Di cosa stiamo parlando? Certo, se Crocetta avesse a suo tempo accompagnato Antonio Ingroia nella sua (brevissima) missione in terra guatemalteca – meglio se con biglietto di sola andata – oggi non staremmo qui a discutere su dimissioni richieste basandosi su un “pacco” di dimensioni stratosferiche, anziché, per esempio, sui disastrosi conti dell’ente regionale siculo.

Ma poi, il cosiddetto brogliaccio, il contenuto della telefonata dove dovrebbe stare se non nelle stanze di una Procura? In questa vicenda, di certo, c’è solo il fatto che l’autore del pezzo pubblicato da L’Espresso era nell’ufficio stampa della Regione Sicilia e dallo stesso è stato rimosso proprio da Crocetta appena nominato. Concludiamo con un promemoria parlamentare: il prossimo 27 luglio arriverà in Commissione a Montecitorio un primo testo di riforma sulle intercettazioni. Tutto il resto è fuffa.


di Gianluca Perricone