Pericolosa scorciatoia

venerdì 17 luglio 2015


Rispondendo ai timori di Umberto Bossi, il quale ha espresso toni catastrofici in merito ad un eventuale ritorno alla Lira, Matteo Salvini ha voluto rassicurare i suoi elettori con una argomentazione già usata in precedenza da Giorgia Meloni, altra esponente anti-euro della nostra variegata opposizione. Secondo l’attuale leader del Carroccio, “una moneta ti dovrebbe far star meglio, ma se ciò non accade, non essendo il Vangelo o il Crocefisso, la si può benissimo cambiare. La storia dell’uomo è piena di monete che cambiano nome e valore”.

Ora, senza voler prendere ad esempio alcuni Stati che con la cosiddetta sovranità monetaria hanno mandato in rovina milioni di propri concittadini, devastando in modo quasi irreversibile le relative economie domestiche, la stessa idea che una data moneta possa possedere un valore intrinseco in base a chissà quali alchimie politiche sembra molto aderente all’albero degli zecchini d’oro di collodiana memoria. Una sorta di pericolosa scorciatoia che le tante irresponsabili volpi della nostra democrazia di pulcinella indicano ad un popolo piuttosto ignorante sul piano economico e finanziario.

Se fosse così semplice per riprendere a crescere, uscendo dalla gabbia di una moneta unica che ci permette comunque di pagare interessi sul debito assai bassi, non si comprende per quale motivo un Paese fallito come la Grecia si ostini caparbiamente a restare dentro la stessa moneta unica. Autolesionismo? Non credo proprio. In sostanza, soprattutto per uno Stato indebitato fino al collo e con scarse prospettive di crescita, riprendersi la tanto agognata sovranità monetaria significherebbe in soldoni uscire da uno standard valutario extranazionale, in cui la quantità di moneta circolante è controllata da un ampio consorzio di Paesi, per tornare ad un sistema nel quale a fare il bello e il cattivo tempo è il governo locale. Ciò si tradurrebbe immediatamente in una verticale perdita di fiducia da parte dei mercati finanziari, interni ed esteri, i quali darebbero per scontata la ripresa di una linea inflazionistica, ovvero stampa generosa di nuova moneta, onde far fronte alla inestirpabile politica di deficit-spending che tanto affligge anche la fragile democrazia italiana.

Una sì sciagurata scelta porterebbe chi la compisse sostanzialmente fuori dal circuito finanziario internazionale, con una crescita galoppante dei tassi d’interesse e con tutta una serie di catastrofiche ripercussioni economiche, a cominciare dai costi proibitivi dell’energia e delle materie prime. Soprattutto le fasce più povere della popolazione si dimenticherebbero presto dell’alto potere acquisitivo del tanto detestato Euro, per rinverdire i fasti della più crudele e iniqua delle gabelle: l’alta inflazione.

In estrema sintesi, l’approdo finale dell’opzione che giustamente non piace al fondatore della Lega Nord sarebbe quello di una sostanziale autarchia finanziaria che si tradurrebbe automaticamente in autarchia economica. Se questa è l’alternativa moderata agli illusionismi politici di Matteo Renzi, credo proprio che il fronte dei delusi del centrodestra che non vanno più a votare sia destinato ad ampliarsi.

 


di Claudio Romiti