Dopo la Grecia l’Italia se non si cambia

sabato 11 luglio 2015


La politica del rigore della Germania a spese dei cittadini ha distrutto gli Stati membri. È da tempo che Merkel dispone e Renzi esegue. Come prima hanno fatto Monti e Letta, tre premier non eletti imposti ai cittadini italiani in quanto dipendenti di fatto della Germania, connivente la Francia di Hollande, sottoprefetto in funzione permanente. Giorgio Napolitano, nel 2011, ha annientato la sovranità del nostro popolo e del suo stesso Paese. Non v’è accenno alcuno di chiederne conto e risarcimento.

La Grecia e il voto contro questa Europa dovrebbero essere di lezione, ma pare invece si continui sulla stessa linea della tassazione, con ulteriori tasse atte a mantenere in vita questa Europa di burocrati privi di rappresentanza elettorale. Le imprese possono crepare, i cittadini europei e le loro famiglie anche. La via maestra deve essere quella di lasciare cadere i rami secchi, la Grecia nell’Unione e non nell’Euro, e, riguardo ad ogni Paese, lavorare per immettere nel mercato soggetti produttivi, alimentando così la produzione, la crescita e, di conseguenza, anche i contributi pensionistici. La strada da seguire e su cui perseverare è quella della creazione di posti di lavoro. Cosa che si può fare in un solo modo: abbassando le tasse alle imprese e alle famiglie. Dimezzare la tassazione consentendo così il rilancio dello sviluppo, dei consumi e dell’occupazione, attirando capitali e investimenti.

Lo Stato italiano deve innanzitutto tagliare le tasse ma non lo fa. Invece fa come vuole questa Europa della Merkel, felicissima, da tedesca, che il nostro Paese, cioè le nostre imprese, rimangano in recessione. Così gli affari li fanno i tedeschi e il Quarto Reich si alimenta. Il nostro Tsipras della Grecia è già un Renzi non eletto, imposto, il quale prende ordini e imbroglia su provvedimenti e riforme; si pensi alle centomila assunzioni sbandierate quali nuovi posti di lavoro, consistendo al contrario nella regolarizzazione di meri contratti in corso, o agli 80 euro elargiti a mo’ di mancia sul nostro groppone, o alla riforma dimezzata della legge elettorale, ed a quella impantanata del Senato, come a tutte quelle annunciate, per intendersi, quelle dell’aprile una, a maggio un’altra, a giugno l’altra ancora, ma non si è visto niente.

L’Unione europea va ripresa finchè c’è tempo (e ce n’è sempre meno) e convertita. Si deve superare il rigore fine a se stesso fatto di Regolamenti autoproclamatisi Trattati, e passare all’Europa politica degli Stati contribuenti interessati. Gli Stati Uniti vogliono la Grecia nell’Euro e nell’Ue per proprio interesse. Il ministro del Tesoro degli Usa, Jack Lew, si è espresso chiaramente in tal senso: “Il debito della Grecia è insostenibile. L’Europa deve ristrutturarlo, la minaccia di fallimento della Grecia è un rischio che non vale la pena prendere”. In pratica Obama ha finora detto alla Grecia che, in caso di bisogno di aiuto, lui c’è, soprattutto che non c’è bisogno di andare fino in Russia. Ma all’Italia conviene? Putin intanto, con la Russia oggetto di sanzioni da parte dell’Unione, ha radunato l’intero mondo non occidentale sul confine asiatico, i Paesi cosiddetti Brics, l’organizzazione di cooperazione della Cina e tutta l’Unione euroasiatica post-sovietica, per proporre loro di allearsi per commerciare, di creare fondi di salvataggio comuni e banche per investire in grandi progetti, mettendo le basi dell’affrancamento dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale occidentale.

A Ufa, nel Bashkortostan, Putin in questi giorni sta mostrando al mondo intero di avere altre priorità e alleanze dell’Europa e l’Occidente e che discute di nuove architetture finanziarie mondiali con Brasile, India, Cina e Sudafrica. La nuova banca dello sviluppo dei Brics dispone già di 50 miliardi di dollari e di un fondo di riserva di 100 miliardi, in grado di sostenere questi Paesi in caso di crisi. Più che da progetti di un’alleanza politica e militare comune, questi Paesi sono uniti dall’interesse di cambiare l’ordine monetario internazionale, che ritengono troppo incentrato e imperniato sul dollaro. Putin ha peraltro appena dimostrato ben altre “architetture” e disegni, spingendo da una parte per l’accordo con Teheran e, dall’altra, firmando accordi in miliardi con i sauditi.

In tale contesto l’Unione europea - qualora non dovesse adeguare la propria architettura - ammesso che non deflagri e/o si disintegri, conserva il grave difetto della sua costruzione/evoluzione e della sua gestione; difetti che si rifletteranno drammaticamente sulla popolazione europea in termini di disoccupazione e di miseria. L’Italia ha indossato l’ingombrante corazza europea a trazione tedesca pensando di proteggere se stessa, e ha finito non solo con l’appesantire ma con il paralizzare i propri movimenti. L’Italia ha ceduto la propria sovranità impedendo a se stessa di utilizzarla, e ricevendo in cambio l’esercizio peggiore della stessa.

Questa Europa è stata di fatto la mera continuazione di un potere di gruppi ristretti e incapaci in altre forme, autonominatisi, e che, con il venir meno dell’economia europea, hanno causato il venire meno dei sistemi liberaldemocratici che sono la base politica del benessere. Lo schema attuale di questa Europa, in atteggiamento illusorio pseudo-liberale, si è arrogato il potere di supporre di costruire un mondo migliore attraverso l’imposizione di vincoli all’azione di tutti, invece di accrescere le libertà degli individui e, con esse, l’assunzione di responsabilità. L’autoreferenzialità è divenuta ed è oggi il dramma dell’Unione europea. Siamo fuori dallo Stato di diritto.

 


di Francesca Romana Fantetti