Caos immigrati, la soluzione c’è

sabato 20 giugno 2015


Renzi e compagni proprio non vogliono capire che l’Unione europea, tutta, sulla questione dell’immigrazione non ci sta ad abbracciare la causa buonista. Non si tratta di numeri, ma di princìpi. L’Europa ha una sua identità che non può essere travolta sotto la spinta delle ondate migratorie. Per l’Italia è giunto il momento di mettere da parte l’utopia egualitarista di un mondo senza frontiere e fare i conti con la realtà.

L’accoglienza illimitata deve finire. Un’altra estate al ritmo degli sbarchi attuali e siamo al collasso sociale. Bisogna allora avere il coraggio delle “decisioni irrevocabili”. Per come si sono messe le cose, non riuscendo a stoppare il traffico dei disperati alla fonte, è necessario deviarne il flusso in un’area presidiata fuori del nostro territorio nazionale. Ciò significa dover mettere piede sul suolo libico. Preveniamo la scontata giaculatoria dei buonisti sul non-si può-fare-la guerra-in-Libia. E chi la vuole fare questa maledetta guerra? Tra lo starsene a guardare impotenti al consumarsi di un’immane tragedia e tuffarsi in una sanguinosa faida interna ci sono soluzioni intermedie praticabili.

Quella che a noi sembra più realistica prevede l’acquisizione di un fazzoletto di deserto nella regione occidentale della Libia, ad ovest di Tripoli, per impiantare un mega campo profughi nel quale far confluire tutti coloro che la nostra Marina Militare salva dalle acque del Canale di Sicilia. L’area da occupare potrebbe essere quella a ridosso del complesso petrolifero di Mellitah, nella municipalità di Nuqat Al Khams. Nella zona vi è un attracco utilizzato dall’Eni che di quell’impianto è proprietaria al 50 per cento. L’altra metà appartiene alla consorella Noc, l’ente petrolifero libico. L’area è dotata di infrastrutture. Inoltre la zona è prossima al confine con la Tunisia, che potrebbe collaborare all’operazione concedendo all’Italia di installare, sul proprio territorio, una base di supporto logistico a ridosso della frontiera. Il nostro governo potrebbe trattare la questione sia con il governo non riconosciuto di Tripoli, sia con il clan che comanda a Nuqat. Sono berberi, abituati ai traffici commerciali. Trovare un accomodamento economico per l’occupazione di pochi chilometri quadrati di deserto non dovrebbe essere impossibile. Un accordo con i responsabili locali consentirebbe di bypassare la preventiva autorizzazione del Consiglio di Sicurezza della Nazioni Unite. I piani militari per la messa in sicurezza del complesso petrolifero di Mellitah già ci sono. Li ha nel cassetto il ministro Roberta Pinotti.

Quando alcuni mesi orsono i comandi della Difesa pianificarono l’esercitazione navale “Mare Aperto” a largo della Libia predisposero anche l’impiego di un contingente dei reparti speciali per la messa in sicurezza del “Greenstream” di Mellitah. La giurisdizione sul campo potrebbe essere affidata alla nostra Croce Rossa per gli aspetti sanitari e all’Onu e all’Ue per quelli relativi alla concessione dello status di rifugiati ai richiedenti asilo. L’enclave sul suolo libico è la soluzione al problema. Si chieda questo agli altri capi di Stato europei e si lasci perdere l’idiozia della spartizione pro-quota di vite umane. La risposta sarà certamente diversa dalle porte in faccia beccate negli ultimi mesi.

La copertura economica è assicurata dal fiume di denaro che Bruxelles è disponibile ad erogare per fronteggiare la crisi. Lega delle Cooperative, Cl e Caritas se ne faranno una ragione per i mancati guadagni. E finiamola pure con le balle sull’ineluttabilità delle ondate migratorie. Arrivano in tanti perché sanno che l’Italia li accoglie. Punto. Quando sapranno che il vento è cambiato, eviteranno di rischiare la vita e i soldi se non certi di essere accolti legalmente. La strada per cavarsi dai guai c’è. Tocca ora alla sinistra decidere se continuare nella follia di correre dietro ad un’utopia o fare finalmente il proprio dovere di governanti di un Paese libero e forte.


di Cristofaro Sola