martedì 16 giugno 2015
Ad essere franco devo dire subito che proprio non mi spiego le tante chiacchiere che si fanno intorno all’elezione di Vincenzo De Luca a presidente della Regione Campania: la questione la conoscono tutti e, almeno sotto l’aspetto etico-politico, non è solo chiarissima ma anche di straordinaria semplicità.
De Luca, infatti, stante l’attuale Legge Severino, non può né rivestire e né assolvere ad alcun ruolo istituzionale, men che meno a quello di presidente di Regione. Matteo Renzi ed il Partito democratico, invece, lo hanno irresponsabilmente candidato senza alcuno scrupolo così come molti campani, in modo altrettanto irresponsabile, lo hanno votato ed eletto. E non si tenti, a questo punto, di argomentare e disquisire sulla differenza tra il poter essere candidato e l’eleggibilità: ciò è perfettamente inutile e strumentale, per non dire che offende l’intelligenza di moltissime persone.
Il Presidente del Consiglio e il suo partito hanno trattato i campani come peggio non si poteva fare. Lo hanno fatto con lucida determinazione e si sono curati unicamente dei loro interessi. Renzi, da parte sua, ha sostenuto De Luca ed ha rimesso a posto un bilancio elettorale che rischiava di essere disastroso qualora avesse perso anche in Campania; mentre il Pd non si è lasciato sfuggire l’opportunità di riprendersi quel potere perduto anche a costo di imbarcare quei “cosentiniani” di cui per anni aveva sparlato, e quel Ciriaco De Mita che resta un vero campione di trasformismo e che, almeno a me, ha sempre ricordato Massinissa, l’astuto principe numide che non disdegnò affatto di passare, nella “Seconda Guerra Punica”, dall’alleanza con Cartagine a quella con Roma pur di avere in premio l’intera Numidia. Una porcheria insomma, una vera porcheria che se ha scandalizzato e fatto fuggire lo stesso scrittore Roberto Saviano ha sorpreso, non poco, finanche lo smaliziato e navigato Antonio Bassolino.
Attenzione però, perché se è vero che il Pd ha conquistato in Campania qualche migliaio di voti è altrettanto vero che, anche in virtù di questa scelleratezza, ne ha persi quasi due milioni tra Liguria, Veneto, Toscana, Umbria e Marche consentendo, in questo modo, alla Lega di Matteo Salvini di fare il pieno ed a Beppe Grillo di farsi seriamente minaccioso in tutta l’Italia centrale, un’area da sempre considerata un vero e proprio feudo “rosso”.
In sostanza ritengo che il voto regionale campano, così come si è espresso, abbia portato con sé tutta una serie di risvolti negativi. Risvolti che vanno dall’aver consentito, a chi ha tramato, di poter eliminare una persona perbene come Stefano Caldoro (si tenga conto che la definizione “perbene” è del Presidente del Consiglio oltre che di Rosa Russo Iervolino e dell’ex governatore Bassolino), di aver rivitalizzato l’antica prassi del trasformismo meridionale e di aver cancellato l’ultima briciola di etica politica dal momento che il Pd (partito di maggioranza relativa) ha preferito processare e lapidare la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi, piuttosto che riconoscere il proprio comportamento cinico ed assolutamente “amorale”.
Ma ancora non basta: per Renzi si potrebbero profilare all’orizzonte nuvoloni ancora più minacciosi. È alquanto verosimile, infatti, che personalità dello spessore dei senatori Raffaele Calabrò e Luigi Compagna prendano le distanze in compagnia di politici di notevole peso elettorale, quali Pasquale Sommese, Pietro Foglia e Nunzia De Girolamo, da un Governo nel quale i vertici del loro stesso partito sorreggono chi li ha così brutalmente infilzati.
di Giuseppe Nappi