La calda estate del premier col distintivo

venerdì 12 giugno 2015


Benché, come sostengo da tempo, il premier Matteo Renzi si trovi a competere con un’opposizione complessivamente poco credibile sul piano di una concreta alternativa di governo, tuttavia per quest’ultimo si preannuncia una estate particolarmente calda. Ma già con le recenti elezioni amministrative, con un Partito democratico che perde circa due milioni di elettori, si sono avute le prime avvisaglie dei momenti estremamente critici che aspettano al varco l’ex sindaco di Firenze.

Alla base di quella che si avverte come una decisa perdita di consensi nel Paese c’è quella sorta di contrappasso politico, proporzionale alla quantità e qualità di aspettative create, che tocca in sorte a chiunque, soprattutto nell’ambito di una grave crisi economica, prospetti miracoli, vendendo a piene mani ottimismo ingiustificato. Sotto tale profilo la doccia gelata di questi giorni, con una produzione industriale di nuovo in caduta, contribuisce ulteriormente ad intaccare presso l’opinione pubblica l’immagine del factotum che occupa la stanza dei bottoni.

L’Italia, checché ne dicano le grancasse renziane, resta economicamente inchiodata al palo e, mi permetto di aggiungere, non potrebbe essere altrimenti, dal momento che quasi nulla è stato fatto per rilanciare i consumi e gli investimenti dal lato dell’offerta, con una sostanziale riduzione della spesa pubblica e delle tasse. E come se non bastasse, altri due temi molto spinosi stanno facendo addensare fosche nubi sul futuro prossimo del signorino di Palazzo Chigi: la questione dell’immigrazione e la nuova ondata giustizialista che sta squassando i palazzi della politica. Temi, quest’ultimi, quasi irrisolvibili per chiunque nel breve ma attraverso i quali, chi per un verso e chi per l’altro, il variegato fronte anti-Renzi sta mettendo in seria difficoltà il Presidente del Consiglio.

D’altro canto, mettendo tutto insieme, gli avversari interni ed esterni cominciano ad avere buon gioco nei confronti di un personaggio che si è presentato al Paese con una ricetta che avrebbe dovuto riformare dalle fondamenta l’intero sistema. Di fronte al micidiale combinato disposto di poco lusinghieri dati sull’economia, di una pubblica corruzione percepita come dilagante e di una altrettanto percepita invasione dal mare, temo che l’insensato ottimismo della ragione fin qui cavalcato da Renzi non possa più bastare.

A questo punto, tramontata per forza di cose la fase delle profezie miracolose che si auto-avverano, al grande illusionista è rimasta la carta del cosiddetto meno peggio, di antica matrice democristiana. Proprio a causa di una opposizione trascinata dal grillismo verso un populismo irresponsabile, allo stato attuale non esiste una proposta politica accettabile per convincere quei pochi che ancora vanno a votare che abbandonando la “padella” Renzi non si finisca nella “brace” di chi indica immaginari redditi di cittadinanza o catastrofici ritorni alla valuta nazionale.

Stando così le cose, con un renzismo declinante ma non troppo e nessuna forza d’opposizione sufficientemente credibile, si prospetta uno scenario dominato da una marcata frammentazione politica. Altro che “Partito della Nazione”!


di Claudio Romiti