Cantone, il braccio armato di Renzi

lunedì 8 giugno 2015


Si scrive Cantone e si legge Renzi. Raffaele Cantone è il braccio armato di Matteo Renzi. Colui che assolve il paparino e condanna i nemici - dentro il partito e soprattutto fuori. In realtà sono più d’uno, non c’è solo Cantone, ma tutti i magistrati oggi al governo e dintorni, i giudicanti che hanno lasciato la toga e sono corsi a “governare” direttamente dentro il governo e il Parlamento, nel Partito democratico e nelle altre cariche pubbliche. Quelli che, in pratica, hanno messo da parte velocemente l’impegno di fare le sentenze e, fregandosene bellamente del carico e dell’arretrato giudiziario, si sono fatti belli - e si stanno tuttora facendo belli - sempre dentro l’amministrazione pubblica ma in un posto diverso da quello per il quale li paghiamo.

La giustizia italiana va privatizzata, anche per questo. Non solo perché funzioni, ma per non consentire a soggetti lavativi sostanzialmente irresponsabili di correre dietro il posto più sbrillucicante e sempre retribuito da noi, con i nostri soldi, utilizzando il posto nella giustizia pubblica da personale trampolino di lancio. A dare la “stura” all’andazzo sinistrorso è stato, vent’anni fa, il nefasto pool di “Mani pulite”, il cui asso, il bifolcone Antonio Di Pietro, ha preso la rincorsa sulla pelle dei presunti tangentari e ha arraffato per sé posti politici a più non posso, puntando soprattutto ai soldi pubblici, a volontà. I soldi pubblici per attività politica sono ingentissimi, basta andare a vedere il tesoro giacente e con cui sono stati fatti corposissimi acquisti da parte del movimento di Di Pietro stesso, il quale, proveniente da una terra sostanzialmente fatta di sassi, è divenuto titolare a nostre spese di una fortuna che, al pari dei vitalizi di cui si parla oggi, cade sui raggruppamenti politici, qualsisasi cosa siano o facciano.

Dopo un ventennio passato a fare le pulci a Silvio Berlusconi, vero titolare di governo eletto dagli italiani, i giudici di sinistra hanno ben bene affilato le armi a propria disposizione e, dandola a bere sotto la voce dell’autonomia della magistratura, di fatto non solo, grazie ai governi mai eletti dagli italiani e impostici da Napolitano veterocomunista, sono andati al governo, ma si sono “infiltrati” ben bene nelle Regioni, basta guardare i sindaci-giudici, un po’ meno nelle Province pur vivissime o nei Comuni perché ritenuti “meno” degli affari che si possono concludere altrove nel settore pubblico. Non si è mai visto finora alcun giudice starlette di sinistra amministratore delegato di qualche impresa privata di successo, come mai? Casson (Veneto), De Magistris (Campania), Emiliano (Puglia) e tanti tanti altri, sono tutti ex magistrati e l’emolumento da giudice lo prendono lo stesso, in attesa del rientro nel posto assicurato a tempo indeterminato, “prestati” alla politica, vale a dire lucranti nella politica. Sono nei ministeri, dove comandano come pochi indirizzando le pratiche, spesso dettando la linea ai ministri di turno. Lo stipendio sicuro, unito a quello successivo, consente loro di muoversi privi di responsabilità alcuna tra le cariche pubbliche ben retribuite, sempre da noi, con i nostri soldi. I posti preferiti in cui infrattarsi sono le Autorità, come quella dell’Antimafia oggi alla ribalta, da sempre tuttavia “utile” a chi la occupa che ne riceve il corposo stipendio, o negli organi cosiddetti di autodisciplina, ad esempio il Consiglio superiore della magistratura dove si disciplinano benissimo solo gli stipendi - pubblici - o alla Corte dei conti anch’essa dotata, come il Csm, di circolo per festicciole atte ad interrompere la monotonia del lavoro pressoché inesistente.

Cantone oggi è la star, il giudice star nominato da Renzi illegittimo al governo alla moralità pubblica. Ed ecco Cantone che si lancia nel soccorso rosso di Renzi di sinistra - sostenendo che la Bindi avrebbe commesso un passo falso, dunque si schiera da paladino della nostra moralità contro l’antimafia tutta. L’anticorruzione si pone contro l’antimafia. Rispondendo al padrone, Cantone oggi latra dietro all’antimafia. A difesa del governo illegittimo, del governatore inquisito e dell’impresentabile Pd, Cantone lincia la presidente dell’Antimafia; il presidente dell’anticorruzione attacca l’antimafia e il suo presidente. Che spettacolo. E lo scandaloso De Luca? Il caro, buon vecchio De Luca che vuole amministrare essendo inquisito dappertutto, candidato contro una legge dello Stato, la Severino, un signore due volte decaduto da sindaco, due volte condannato in primo grado e varie volte rinviato a giudizio per reati gravi. Berlusconi è stato mandato a fare compagnia ai vecchietti, quando si sa che la condanna vera inflittagli dalla sinistra, sponsor Napolitano, è stata quella di togliersi dalle palle, dal suo governo legittimamente eletto dagli italiani; altrimenti altro che vecchietti, sarebbe stato incenerito al rogo, ovvero, in termini più moderni, sarebbe stata la galera ma soprattutto la spoliazione di tutto ciò che ha costruito, dei suoi averi, suoi e di famiglia. Invece per De Luca la Legge Serverino, guarda caso, è molto, molto meno severina. Come mai? In realtà sarebbe stato molto meglio per i napoletani avere Caldoro, e con tutta probabilità si è imbrogliato e insabbiato l’esito, dato che financo tal Rosaria Capacchione del Pd ha osservato che “in Campania una barca di voti sono andati a candidati vicini alla camorra”.

Dunque Cantone difende Renzi e De Luca. Ridotto ad esserne il braccio armato ne è il cane personale da guardia a difesa da noi italiani. Cantone, contro la corruzione e per la moralità del Paese, abbaia a difesa di indifendibili al governo e alle Regioni illegittimi, latra sostanzialmente contro gli italiani. Difende chi gli fa fare il burlesque, essenzialmente da tutti noi, che siamo per la legittimità e la democrazia. È il caso di riavvolgere la pellicola, gettare questo brutto film, e cominciare a girarne un altro, legittimo, con il voto democratico.


di Vladimiro Iuliano