martedì 19 maggio 2015
La giustizia italiana deve funzionare. Per creare opportunità di investimento in Italia e non restare al di sotto delle nostre potenzialità, è necessario sveltire la giustizia italiana, operare contro la lentezza dei processi. Si prenda ad esempio il Parlamento in California che ha approvato una Legge che ha previsto di non pagare i magistrati in ritardo nella formulazione dei provvedimenti giudiziari e dove le Corti federali hanno reso pubblici i registri dei provvedimenti rendendo evidenti, svelandoli, in questo modo i nomi dei giudici più efficienti e di quelli negligenti.
In Italia l’organo competente dell’ auto disciplina dei magistrati ha presentato sparuti ricorsi per mancato esercizio dei propri compiti ed espletamento delle proprie funzioni da parte dei giudici.
Con la riforma della responsabilità civile dei magistrati, l’Italia ha mosso un primo passo minimo sulla strada volta alla velocizzazione della propria giustizia rendendo eccepibile l’ inerzia, incapacità e improduttività del corpo giudicante. Tale riforma costituisce in Italia un primo timido tassello del processo che condurrà alla separazione delle carriere dei magistrati e, grazie alla marcata implementazione delle vie di risoluzione alternativa delle controversie – Alternative dispute resolutions - in fieri, all’efficentamento della giustizia italiana dotata di più strumenti, pubblici e privati, atti a perseguire ed addivenire ad un accordo e soluzione di giustizia. L’Italia deve mirare a creare le condizioni di una giustizia “possibile” contro quella attuale, inefficiente quando non addirittura mancata, assente.
Con la Legge 27 febbraio 2015 n. 18 l’Italia ha in minima parte riformato, implementandola, la propria disciplina della responsabilità civile dei magistrati, in modifica alla Legge precedente la cosiddetta Vassalli del 13 aprile 1988, n.117. Con tale riforma l’Italia avrebbe inteso velocizzare la giustizia ponendosi all’avanguardia all’interno dell’Unione europea. Si tratta infatti di una forma innovativa per via indiretta posta in essere nel campo della giustizia civile, finalizzata a migliorare l'efficienza e il funzionamento del sistema giudiziario italiano, le sue procedure e l’organizzazione stessa dei tribunali. La riforma potrà essere attuabile in altri Stati o giurisdizioni ove dispongano di un sistema di giustizia analogo. L’ efficienza di tale riforma sarà “misurabile” solo tra qualche anno, quando cioè diverrà di uso frequente entrando a regime. Al momento la Corte di Cassazione italiana si è pronunciata su un aspetto della riforma con una sentenza con cui ha rifiutato il cambio di giudice a fronte dell’eccezione di responsabilità in capo al medesimo . In Italia sono risalenti le questioni sui rapporti tra funzione giudiziaria e funzione politica. La precedente Legge del 13 aprile 1988,n.117 non ha infatti affatto risolto il problema continuamente ripreso nel pubblico dibattito, con toni da più parti anche accesi, sulla responsabilità dei giudici. E non meraviglia che quella stessa Legge sia stata oggi ripensata. L’occasione è stata fornita dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 24 novembre 2011, causa C-379/10 sulla incompatibilità dell’art.2 della Legge n.117 con il principio di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado. La Legge Vassalli è stata cioè oggetto di condanna dell'Italia con l’apertura di ben due procedure di contenzioso con la Commissione europea.
Le principali interessanti innovazioni della recente riforma operata in Italia con Legge 27 febbraio 2015 n. 18 riguardano la definizione della fattispecie di colpa grave; il fatto che alle originarie ipotesi si è ora aggiunto il “travisamento del fatto o delle prove”; e che costituisce colpa grave “la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell’Unione europea” dovendo tenersi conto del grado di chiarezza e precisione delle norme violate nonchè della inescusabile gravità dell’inosservanza. Sulle nuove basi normative, lo stesso concetto di “colpa grave” ha subìto un notevole mutamento ed un allargamento dell’area di incidenza, estesa alle violazioni della legge e del diritto dell’Unione anche non gravi, purchè manifeste.
La rivalsa dello Stato nei confronti del magistrato è obbligatoria in presenza del diniego di giustizia o di violazione manifesta della legge e del diritto dell’Unione europea, oltre che di travisamento del fatto e delle prove determinati da dolo o da negligenza inescusabile. Si tratta adesso di vedere quali ipotesi di responsabilità si applicheranno e come si atteggerà realmente il perimetro dell’obbligo di diligenza del magistrato. Di massima rilevanza per le sue possibili conseguenze è anche la sopravvenuta eliminazione del filtro endoprocessuale di ammissibilità della domanda di risarcimento. Riformare la giustizia è conditio sine qua non della ristrutturazione dello Stato.
"L'Italia si butta giù, ma dobbiamo essere fiduciosi nel futuro e orgogliosi del nostro passato”. Parole di Gaetano Pesce che all’Expo sta presentando un pavimento allegorico di ispirazione patriottica raffigurante una donna vestita in tricolore, l’Italia. È allegra e danza sullo sfondo dello spartito della canzone Tu si’ na cosa grande pe me, di Domenico Modugno. E sullo spartito compaiono esempi della nostra grandezza, il cibo, l’arte, la cultura, la moda, il design.
Un’Italia allegra perché è orgogliosa del suo grande passato, consapevole delle sue ricchezze di oggi, fiduciosa nel futuro. Un’Italia che deve tornare alla democrazia che elegge i propri rappresentanti, ad una giustizia diffusa ed efficace, efficiente, ad una organizzazione meglio strutturata dell’intero nostro sistema. C’è un intero corpo moderato di italiani in attesa di essere rappresentato e lontano mille miglia dalla becera sinistra impersonificata oggi a sbafo da Renzi e governo non eletto, illegittimo. Sono gli italiani appartenenti ad un’area di centro e centrodestra che non vanno più a votare per totale disaffezione per l’offerta politica, accentuata nelle elezioni locali dalla mancata scelta del candidato. C’è un tesoro di voti cioè da andare a scuotere e prendere. Se non sembra più esserci un qualcosa definibile ancora come centrodestra moderato e laico, c’è però tutta un’Italia, la maggioranza dell’intero corpo elettorale che è composto da moderati che non tollerano più litigiosità e beghe interne ai partiti oramai molto al di sotto del livello della decenza. Il comune denominatore è da trovare nella minore tassazione da parte dello Stato percepito come truffatore ai propri danni e minore burocrazia infetta, libertà e giustizia in luogo dell’oppressione e del depredamento da parte della sinistra profittatrice e mangiona, ladra. E’ un intero mondo di moderati che vuole meno tasse e più produzione. Più impresa e industria e meno lavoro pubblico assistito. Più mercato e meno Stato. Ce la farà? Ce la faremo?
di Francesca Romana Fantetti