I passi indietro dell’Italia (renziana)

giovedì 9 aprile 2015


Non più tardi di qualche giorno fa, il professor Ainis, analizzando la nuova legge elettorale italiana, sottolineava come l’introduzione del premio di governabilità assegnato alla lista risulti essere al tempo stesso un premio (assai corposo) per la maggioranza ed un disincentivo per la formazione di una minoranza forte e coesa.

Osservazione assai preziosa che chiarisce il portato politico-culturale in atto nell’Italia post-berlusconiana interpretata dal premier Matteo Renzi. Non a caso, infatti - a testimonianza che non sono le leggi elettorali a cambiare il sistema politico ma l’opposto - l’Italicum è il frutto del “cenacolo” del Nazareno. Dopo vent’anni di un bipolarismo (che molti hanno definito “all’amatriciana”) mai divenuto bipolarismo, l’Italia si attrezza per rispolverare il monopartitismo. Un balzo carpiato all’indietro che chiude la quarantennale stagione dei governi di coalizione (dal compromesso storico, al centrosinistra, al pentapartito, al Polo delle Libertà, all'Ulivo fino ai più recenti governi tecnici o “del Presidente”) per inaugurare un nuovo ciclo di esecutivi monocolore, con un unico grande dilemma: la governabilità.

Se infatti i governi di coalizione non hanno offerto buona prova di compattezza e quindi di efficacia, l’idea monopolare (o monopartitica) introdotta dall’Italicum con la previsione del premio di maggioranza alla lista più votata al fine di assicurare governabilità e stabilità, rischia di trasformarsi nel più classico dei “cavalli di Troia”. Nella corsa all’oro del “premio di governabilità”, infatti, almeno due potrebbero realisticamente essere gli scenari possibili: la formazione di un “listone” composito (se non disomogeneo per cultura e programmi politici) che una volta vinte le elezioni ed incassato il premio, si dissolve in più gruppi parlamentari riproponendo - ex post - le lancinanti difficoltà dei governi di coalizione. Oppure la formazione di una lista espressione di un mega-partito (Partito della Nazione, tanto per non fare nomi) che, grazie anche al voto di preferenza, vedrebbe rappresentate in Parlamento tutte le sue varie anime. Correnti che, all’occorrenza, potrebbero (come accade oggi nel Partito democratico) far pesare la loro influenza parlamentare ostacolando la composizione del governo ed “imponendo” un’estenuante quanto logorante trattativa. Una sorta di “ingovernabilità” (interna) strisciante che, oltre a decelerare l’azione di governo, rischierebbe di trasformarsi in un non proprio lusinghiero déjà vu per il futuro di ogni Esecutivo.

In tale scenario, anche l’introduzione di alcuni accorgimenti ex-novo per rafforzare l’Esecutivo, come i capilista bloccati, potrebbero rivelarsi - in termini di fedeltà alla linea politica e quindi di coesione e forza - assai più utili all’opposizione che alla stessa maggioranza. Volteggi e previsioni di un transito d’epoca già abbondantemente in atto e che l’Italicum è chiamato a strutturare.

 


di Daniele Marchetti