Il problema dell’Italia è Renzi

giovedì 9 aprile 2015


Bisogna cacciare al più presto Renzi e il suo governo non eletto. Nella manovra 2015 ci sono altri aumenti delle imposte. Si pensi solo che con l’unificazione dell’Imu con la Tasi nella cosiddetta local tax, si aumenta, mascherandola da “semplificazione”, il carico fiscale. Sono infatti i Comuni che, vedendo arrivare meno trasferimenti statali in loro favore, alzeranno i tributi approfittando dell’unificazione. Come si è visto infatti, Regioni e Comuni non vogliono certo disboscare al proprio interno perché costituiscono e sono il serbatoio politico elettorale, si veda il caso Ischia, Procida, Reggio Emilia fino a ieri di Delrio eccetera. Regioni e Comuni di sinistra sono il bacino di soldi del Pd e, a fronte di minori soldi passati dallo Stato, aumentano le aliquote a carico dei cittadini. La politica di sinistra garantisce vantaggi competitivi, si pensi alle coop che restituiscono il favore in termini di serbatoi elettorali, potere e mezzi economici. Un meccanismo diventato una vera, losca prassi. Tutto questo è già successo nel 2014 con le addizionali regionali all’Irpef e con la Tasi. Anche la local tax è l’ennesima presa per i fondelli dato che si tratta di una vera e propria patrimoniale immobiliare messa da Renzi & Co. Con questa bella nuova patrimoniale si vanno a spennare i già spennati raccontando loro che l’Italia è ripartita. Ma quando? Dove? Solo grazie alla spinta della Bce di Draghi con il quantitative easing, cioè con la politica monetaria espansiva che ha fatto scendere il tasso di cambio dell’euro, favorendo il commercio estero europeo, si è usciti un pochino dalla deflazione, perché nei fatti, come hanno chiaramente dimostrato i dati Istat, la nostra crescita non esiste e la dilatazione del credito creata dalla Banca centrale europea non ci servirà neanche perché Renzuccio bello ha drasticamente tagliato gli investimenti pubblici nelle grandi opere nel bilancio 2015-2017. Si tratta di dilettanti allo sbaraglio, incompetenti che, rubacchiato il governo, ci stanno mandando tutti allo sbaraglio. La folle tassazione degli immobili scoraggia ogni possibile investimento edilizio e le nuove regole penali sui bilanci, insieme con gli inesistenti decreti attuativi della riforma fiscale, annichiliscono le imprese e i loro, eventuali, investimenti. Ci sono meno occupati e più disoccupati e, in ossequio al più becero statalismo, il grado di ingerenza della politica nella nostra economia ha toccato il massimo storico, superando financo le “vette” toccate dal governo Monti alla fine del 2012, che le ha imposte, non eletto tale quale ai governi Letta e Renzi, come impellenze dovute ad uno stato “emergenziale”.

Le chiacchiere stanno a zero. Renzi può twittare a più non posso, può esibirsi, lui e amici e parenti al governo illegittimo, con slides, può promettere, fare slogan e vomitarci addosso le sue fregnacce, ma sempre fregnacce sono e la dura realtà è quella riportata dai dati e dalla realtà dei fatti. L’Italia non va. Questa pseudo becera politica rubata dalla sinistra, sempre più impelagata in inchieste giudiziarie, non taglia la spesa e carica e ci addossa nuove spese, sempre prioritarie e sempre indilazionabili, sempre sul nostro groppone. Aumenta il deficit pubblico e getta a mare ogni possibile credibilità del Paese raccontando fandonie all’Europa, illudendo che si stiano facendo “riforme”. Aumenta la pressione fiscale con marchingegni spudorati, adesso vuole anche tagliare incentivi e agevolazioni alle imprese. Tanto a Renzi & Co che gliene frega delle imprese, meglio di così non avrebbero potuto stare. Tronfi e obesi (anche le spese di quello che mangiano sono superiori alle precedenti), gli altri, gli italiani, espatriati o falliti e morti. Anche i 2 miliardi scarsi stanziati per il 2015 dalla legge di stabilità per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato sono una balla, perchè non bastano, non ci sono.

Ecco perché, lungi dal tagliare il fisco, Renzi & Co inaspriscono e inaspriranno la pressione fiscale, imponendo ancora nuove tasse. Perché Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, è stato mandato a quel Paese? Perché la spesa pubblica aumenta e non la si vuole affatto né restringere nè circoscrivere. Le imprese non assumono, la disoccupazione cresce, le tasse bloccano la crescita, e si va di illusionismo.


di Cesare Alfieri