Partiti e fondazioni, serve la trasparenza

venerdì 3 aprile 2015


Non si può continuare a “giocare” al gatto col topo. E’ necessario regolamentare i partiti politici. E con la loro regolamentazione devono emergere chiaramente i finanziamenti di cui si avvale ciascuno schieramento. Dai finanziamenti deve essere chiaro l'orientamento politico di chi ha elargito il contributo. Il trucco delle fondazioni al fine di nascondere contributi e mazzette, da sinistra come da destra, deve finire, consentendo alla politica di fare il proprio mestiere senza avere costantemente alle calcagna pm e magistratura latrante. Negli anni il flusso di denaro si è spostato dalle segreterie di partito alle fondazioni, ed ecco che, subito, sono spuntate miriadi di inchieste per corruzione, a partire da Mafia capitale sino a quelle delle Coop.

Il motivo dello “spostamento” dalle casse del partito alle fondazioni è presto detto, e cioè perché tali ultime non sono tenute a dichiarare chi c’è dietro, chi le finanzi. Sono più di cento oggi, precisamente 105, le fondazioni “politiche” e non, da destra a sinistra, ciascun leader o presunto tale, ne ha una propria. Dopo il restringimento del finanziamento pubblico ai partiti, il vantaggio delle fondazioni consiste nel fatto di potere ricevere fondi ministeriali, poter accedere al 5 per mille, avere sgravi fiscali, e che, a differenza dei partiti politici, possono ricevere donazioni dalle imprese pubbliche quali l’ Eni, Finmeccanica, le Poste, e anche dai privati. Il vantaggio dei cosiddetti think tank consiste cioè nel fatto che non sono tenuti a dichiarare chi li finanzi, nè sono tenuti a depositare alcun bilancio, e l’intera gestione ed amministrazione, compreso ogni esborso, pagamento e quant’altro, si svolge in segreto, di nascosto, al “riparo” dagli italiani.

Le fondazioni non sono neanche obbligate a tenere una contabilità ufficiale delle erogazioni che ricevono, e in questo modo i flussi di denaro sono “fluiti/confluiti” dagli Ugo Sposetti di partito alle fondazioni di Renzi, prima la Big Bang poi la Fondazione Open guidate da Carrai, così come a quella di Letta, VeDrò subito chiusa, o a quelle di D’Alema,le Fondazioni Italianieuropei e la Foundation for European Progressive Studies rispettivamente, la prima, con 350 mila euro di donazioni giunte da imprese come la Glaxo, la Philip Morris, Merloni, Pirelli, Ericcson, e dalla lunga lista delle coop quali Coop Estense, Legacoop Imola, Lega nazionale Coop e Mutue, Lega Ligure delle Coop; mentre, la seconda fondazione di D’Alema, quella “europea” ha avuto 3 milioni di euro di fondi dall’Unione europea nel solo 2014.

In pratica è del tutto inutile imporre la trasparenza nei bilanci dei partiti, perché sono stati svuotati e nessuno li finanzia più e oggi i soldi che alimentano il potere politico passa dalle fondazioni. Al pari di tanti altri Paesi europei, ad esempio la Germania, le fondazioni devono essere regolamentate in Italia e seguire le regole di trasparenza. Gli sponsor e i finanziamenti devono essere trasparenti e conoscibili, riconducibili cioè in capo alla parte politica che li incamera ed utilizza. Rendere conoscibile cioè chi fa cosa e con i soldi di chi, tanto, salva la trasparenza, tutto il resto è già nei fatti così, cioè chi esercita il potere politico si muove e “parla” a nome di chi dà e ha dato i soldi, dunque deve solo emergere, possibilmente non giudiziariamente, alla luce del sole. Prima lo si fa e meglio è per il nostro Paese.


di Guia Mocenigo