giovedì 19 marzo 2015
Che nell’indagine grandi opere, meglio sarebbe chiamarla grandi scandali, il Ministro Lupi non sia neanche indagato, è alla stato chiaro delle cose, quello che non è chiaro ancora a molti è che siamo in Italia. Qui non si stratta di essere garantisti o giustizialisti, si tratta solo di valutare le cose, i fatti in sé, gli effetti e le opportunità.
Però, siamo in Italia, da noi per far dimettere qualcuno non basta nemmeno il bazooka, ci sono parlamentari che finiti agli arresti non hanno presentato dimissioni, non hanno lasciato il parlamento, non hanno nemmeno abbandonato le presidenze di commissioni che in alcuni casi detenevano da tempo. Quello stile anglosassone che in tanti invocano, da noi non esiste, non esiste per cultura, per interesse e per metodo politico, non esiste nemmeno per garbo elettorale nei riguardi di chi ha votato pensandola in un modo.
Da noi si invoca la giustizia, le carte ufficiali ed il corso dei fatti che saranno, il resto non conta, non conta l’imbarazzo, il pudore e la stranezza delle coincidenze. In punta di diritto hanno ragione i primi, senza prove non esiste niente, non si fanno processi all’intenzione o peggio alla supposizione, ma nella vita c’è l’esempio, quel modo d’essere che conta, quel comportamento che porta stima, considerazione e serve a fare la differenza. Sta tutta qua l’abissale distanza italiana dalle democrazie europee, altrove basta niente per mollare, basta che si sfiori l’immagine, che ci si domandi perché l’ha fatto, per suggerire ad un politico di lasciare. Ma altrove il rispetto degli altri e dello Stato è ben diverso, la cosa pubblica è considerata sacra e gli elettori, il segno di una scelta morale prima ancora che politica. Potremmo citare casi all’infinito di dimissioni per fatti piccoli, futili e ininfluenti, eppure fuori dall’Italia, ci si licenzia eccome, si prende atto e ci si fa da parte.
Almanaccare dunque, sull’opportunità di fare cosa, di fronte all’ennesimo assurdo dell’Italia serve a poco e non cambia un tubo, stiamo toccando il fondo dell’abisso, precipitando nel gorgo degli scandali, dello sperpero del danaro nostro e cosa può essere una dimissione? Qui serve altro, serve di capire come stiamo, serve di aprire gli occhi sulle cose, serve di smetterla di giocare con il fuoco, altrimenti sono guai e guai seri. La gente è stanca e furibonda e non passa giorno senza uno shock, una notizia da far tremare i polsi, un’ informazione oscena sugli appalti e sull’uso vergognoso delle tasse, quelle che si pagano a bizzeffe anche per stipendiare i dirigenti di equitalia, che la stessa consulta ha sconfessato.
Non serve dunque crocifiggere un Ministro, sbadato che sia, serve di correre ai ripari, fare pace con la gente e riportarla alla fiducia e alla voglia di credere al futuro. Il Ministro farà quello che crede, parlando con se stesso e con gli amici, del suo futuro francamente ci interessa poco, è dell’Italia che ci preoccupiamo e dell’ipocrisia che l’avvelena. Un festival di bugie ogni momento, un carosello di speculazioni, una girandola di chiacchiere e di promesse, l’alienazione che ci dà l’informazione, la dimensione di una crisi senza eguali, che vogliono addolcire col placebo.
Questo ci preoccupa e spaventa, questo ci spinge a reclamare, questo ci porta a fare appello a chiunque possa intervenire prima che la corda si rompa e venga il peggio. Oggi più che mai serve il Capo dello Stato, serve di sentire la sua voce, serve che dica due parole: “Adesso, basta!”, sarebbe sufficiente e non sarebbe poco. Gli italiani sono inquieti e stanchi, perseguitati da tasse e obbligazioni, cartelle e sacrifici, da file e disservizi, sono provati così da troppo tempo e stanno al limite di sopportazione, ci si rifletta e si capisca bene, senza girarci intorno e fare finta di niente.
La strada è lunga, ma si può iniziare e non spaventa di ricominciare, possiamo farlo e tornare in alto, ci diano modo e noi non mancheremo, ma la presa in giro no, non la vogliamo, abbiamo già dato e adesso ci aspettiamo!
di Elide Rossi e Alfredo Mosca