Il Cav e i giornalisti che non ci stanno

giovedì 12 marzo 2015


Come avevo previsto, la Cassazione ha dato ragione all’ex Cavaliere, a dimostrazione che non tutti i magistrati non sono sereni e che spesso e volentieri vengono pronunciate sentenze che smentiscono l’accusa, specie quando la stessa è strumentale. Purtroppo ciò accade spesso e dipende dalla strutturazione dell’ufficio del Pm, scaturita da quella sciagurata riforma degli anni Settanta, la cosiddetta Legge Breganze, che eliminò il potere gerarchico in capo al procuratore generale e l’impersonalità della funzione svolta.

I casi nei quali il pubblico ministero incaricato dell’indagine prende di mira l’indagato e non si ferma fino a quando non lo vede distrutto sono davvero tanti e quasi quotidiani. Spesso trattasi d’imprenditori portati all’esasperazione, che si vedono l’azienda sottoposta a sequestro preventivo penale che dura, a scapito dell’impresa e dei lavoratori, fino al momento nel quale viene pronunciata, magari dopo dieci anni, la sentenza di primo grado che li assolve. Un vero e proprio disastro per il quale il responsabile mai pagherà, essendo l’eventuale risarcimento posto a carico dello Stato e quindi di noi cittadini, quotidianamente martoriati da Equitalia e dalle bollette varie, nonché dalla tassazione indiretta che ha raggiunto limiti insopportabili, per servizi mai resi o resi male dalla Pubblica amministrazione. Il pifferaio fiorentino, però, propaganda se stesso con le solite ciance e con un provvedimento legislativo sulla responsabilità dei magistrati semplicemente ridicolo.

Vi è anche un altro elemento che definire devastante è davvero poco ed è rappresentato non dalla libertà di stampa, che è sacra ed inviolabile, ma dall’abuso che alcuni giornalisti, certamente prezzolati, fanno di tale libertà, specie quando una notizia a loro sgradita giunge a notte inoltrata. Mi riferisco alla notizia riguardante il processo Ruby, che certifica in via definitiva l’innocenza di Silvio Berlusconi. Ieri mattina alle ore 8, sulla sgradevole rete televisiva La7, compare un giornalista, tale Marco Lillo de “Il Fatto Quotidiano”, che con frasi infamanti denigra non solo Berlusconi (definendolo personaggio corrotto e moralmente discutibile che nella Villa di Arcore organizzava festini con minorenni e prostitute), ma anche i magistrati che non l’hanno condannato per concussione, reato consumato con la complicità di una delle sue amanti, Nicole Minetti. Strano, perché le certezze che ha Marco Lillo non le hanno avute né la Corte d’Appello di Milano, né la Corte suprema di Cassazione e mi auguro che l’Ordine dei Giornalisti intervenga per far cessare un tale scempio che offende il decoro di una professione splendida per coloro che la esercitano correttamente, e che l’Agcom eserciti il controllo che la legge istitutiva dell’Authority gli ha conferito.

Ma vi è di più, il signor Lillo ed altri giornalisti si sono permessi di richiamare a riprova della loro sciagurata tesi l’arringa del grande professore e avvocato Franco Coppi, attribuendo al suo intervento avvenimenti dallo stesso indicati quali feste, che nulla hanno a che vedere con i reati contestati a Berlusconi. Infine si chiedono Belpietro e Sallusti: “Chi risarcirà i danni a Berlusconi?”. Rispondo io. Nessuno, perché sotto questo profilo il Cavaliere ha tanta dignità ed orgoglio per non gravare i cittadini, che vorrebbe liberi e non tartassati dall’insopportabile pressione fiscale, di un ulteriore orpello. Conoscendolo, per lo meno sotto tale aspetto che è in sintonia con la sua ben nota generosità, non lo farà mai.

Ma il problema resta ed è gravissimo, se gli italiani non vorranno fare la fine di quei disperati che abbandonano la loro Patria per cercare fortuna altrove, penso ai tanti giovani che pur laureati debbono emigrare perché in Italia non trovano lavoro, bisogna mettere mano prima di ogni altra riforma a quella che riguarda l’ordinamento giudiziario e la giustizia tutta. Rimarrò anche questa volta inascoltato, ma insisto o almeno ci provo!


di Titta Sgromo