mercoledì 11 marzo 2015
Domenica scorsa era l’8 marzo, la giornata internazionale della donna. Numerose le iniziative organizzate per ricordare la ricorrenza dedicata al gentil sesso. In chi scrive questa festa lascia da sempre non poche perplessità. Perché festeggiare la donna in uno specifico giorno dell’anno? E l’uomo non viene festeggiato? Sembra quasi un modo per dire “il mondo appartiene al “maschio”, ma l’8 marzo lo dedichiamo alle donne”. Certo, il senso con cui la festa nasce è certamente altro, e più “alto”. Un modo per ricordare le conquiste sociali, dal diritto di voto al divorzio all’aborto. Ma adesso cosa ci resta da festeggiare?
Sul versante lavorativo un recente studio della Commissione Europea ha messo nero su bianco quello che in realtà tutti sapevamo già. Esiste in Europa un divario salariale a parità di impiego tra uomini e donne. A livello di Ue il divario medio è del 16,4%, con picchi che vanno dal 30% dell’Estonia al 2,5% della Slovenia. In questo quadro l’Italia non si colloca poi malissimo in termini di “diritti all’uguaglianza di genere”, riscontrando un divario del 6,7%. Ma il problema della disuguaglianza sul lavoro – che non si risolve aprendo al mondo femminile impieghi prima svolti solo da uomini, come condurre un autobus – è soltanto una delle sfaccettature della questione. Che dire ad esempio della sicurezza? Nonostante le numerose iniziative e campagne di sensibilizzazione in materia di violenza sulle donne, i femminicidi continuano ad essere tristemente all’ordine del giorno, mietendo vittime innocenti, in modo particolare tra le mura domestiche. I dati sul femminicidio in Italia restano allarmanti: 177 sono state le uccisioni, spesso efferate, consumate nel 2013.
E per il 2014 si parla di una vittima ogni 3 giorni. Anche su questo fronte il governo ha fatto molti proclami, ma a conti fatti ha mancato l’obiettivo. Nonostante le promesse e gli annunci in pompa magna dei mesi scorsi circa un Piano nazionale contro la violenza sulle donne – che sarebbe stato operativo “al massimo” entro gennaio 2015 – l’8 marzo, ovvero due mesi dopo, del piano non c’era traccia. L’Associazione nazionale Donne in rete contro la violenza (DiRe) ha denunciato, oltre alla scadenza disattesa, l’assenza totale, da oltre un anno, di una interlocuzione ministeriale, perché, hanno denunciato “Il ministero dei diritti delle donne, ministero per le Pari opportunità non esiste, né tanto meno altra delega è stata assegnata”. Il piano nazionale – che, si spera possa veder luce a breve – prevedeva uno stanziamento di 10 milioni di euro per il 2014 e altrettanti per il 2015.
Somme non da capogiro, considerando l’entità e la pervasività del problema, ma che certo avrebbero potuto aiutare a mettere in piedi un’azione di sistema e non i soliti interventi “spot”, nella solita logica italiana del “mettiamoci una toppa”. A conti fatti questo in questo 8 marzo appena trascorso non c’era davvero nulla da festeggiare. Questi problemi, del resto, non si risolvono con un bel mazzo di mimosa.
di Elena D’Alessandri