mercoledì 25 febbraio 2015
In Italia i magistrati avanzano in carriera per il passare del tempo e senza alcun merito, alcuni addirittura per demerito come insegnano i casi dei giudici Vincenzo Toscano e Alfredo Robledo. Questi sono noti solo da ultimo, per fatti recenti di cronaca, ma sono migliaia i giudici, intere generazioni a dir la verità, che hanno navigato il mare del demerito a proprio vantaggio, non scoperti.
Si guardi il caso di Vincenzo Toscano che è stato di fatto “promosso” perché trasferito da Torino a Milano dopo avere dato per lungo tempo lavoro alla propria amante garantendole consulenze strapagate e per le quali si prodigava lui stesso presso i collegi giudicanti perché ottenessero decisione favorevole. La “sanzione” inferta al giudice è stato il solo trasferimento, per di più migliorativo, e la perdita di un unico anno di anzianità, capirai, decisamente troppo poco a fronte dell’interesse generale contrapposto e per il quale la pubblica amministrazione lo ha assunto e mantiene sul nostro groppone cioè con i nostri soldi, che è l’interesse di noi tutti, del Paese al servizio imparziale della giustizia.
E cosa dire della annosa lite pubblica dei ridicoli Robledo e Bruti Liberati? Di fatto li abbiamo pagati finora, li paghiamo tuttora e continueremo pure a pagarli profumatamente per regolare le loro beghe più o meno diffamatorie verso loro stessi, e ciò che più interessa verso noi tutti, spettatori fruitori del servizio giustizia, che dovrebbe essere equilibrato e imparziale. Robledo è stato spedito “in punizione” a Torino e al posto del pubblico ministero è stato mandato a fare il giudice, cioè di fatto elevato a un gradino più alto, “ promosso” nella scala della carriera togata. Bruti Liberati è rimasto invece piantato a fare danno a Milano.
E Woodcock? Giudice eternamente in cerca di popolarità e di celebrità da gossip, ci ha provato finora con i disastri Vip Gate e il Savoia Gate “grazie” a cui lo Stato italiano, cioè noi, dovremo risarcire Savoia con oltre cinquantamila euro. E De Magistris? Dopo le disfatte giudiziarie Why not e Toghe lucane, “cacciato” da pm a fare il giudice, anche lui di fatto “promosso”, usata poi bene la pelle degli altri, approda in politica a fare, disastrosamente, il sindaco, come sanno tutti i napoletani. Utile riferire poi che i giudicanti quando non sono quasi tutti parenti, si conoscono comunque molto bene tra loro con estensioni, affiliazioni e apparentamenti in giro tra le corti tutte, quella dei conti, al consiglio superire della magistratura, in cassazione, alla corte costituzionale, nei tribunali civili, penali di ogni genere e grado, amministrativi, al consiglio di Stato, tra giudici di pace, in avvocatura generale dello Stato e con agganci a intreccio e incastro con le nostre università pubbliche e con la pubblica amministrazione e i suoi organi, si pensi ai ministeri, in politica.
Questo ammasso amministrativo burocratico giudiziale sociale ha il proprio minimo denominatore comune consistente nel fatto di essere strenuamente quanto ingiustificatamente convinto di essere non solo nel “giusto” elevandosi a una sorta di Tribunale dell’Inquisizione generale d’Italia ma anche di essere, allo stesso modo di ciò che sostiene in questi giorni di sé Gino Paoli, persone “serie” mentre, come si è visto, così non è. Pensano, vorrebbero esserlo, ma non lo sono. La verità è che approfittano, da generazioni, del sistema sbagliato che si è data o cui è giunta scelleratamente l’Italia, per cui viene dato loro da mangiare mensilmente semi gratuitamente senza che rispondano nei fatti di ciò che fanno dalla mattina alla sera, e si ricordi che all’ora di pranzo chiudono baracca, mentre un qualsiasi altro lavoratore privato, tutti gli altri lavoratori, lavorano senza soluzione di continuità perchè non assistiti nè garantiti a spese della collettività.
La giustizia pubblica, cioè retribuita a fine mese da noi cittadini italiani, dallo Stato, si muove tra autoassoluzioni e assoluzioni, sparuti ammonimenti, miracolata per lo più, tra sanzioni minime e inoffensive, mai nessuna cacciata dalla magistratura, pochissimi i casi di responsabilità civile, penale niente. I giudici fanno danni in Italia impunemente. Non sono responsabili di niente, spostano il culetto d’oro fino alla sedia giudicante e s’accomodano tutta la vita, i guai restano quelli che infliggono agli altri. In un’azienda privata ciò non può succedere perchè, per quanto si possa fare, ogni nodo viene al pettine in men che non si dica e non ci si consente di insistere più di tanto in comportamenti contrari al benessere e alla utilità dell’azienda stessa perché se ne paga immantinente il prezzo salato.
La giustizia in Italia è impostata e segue “regole” essenzialmente contrarie all’interesse fondamentale del nostro Paese e di noi cittadini. Accusa e difesa in Italia non sono affatto sullo stesso piano in Italia, perché l’avvocato risponde di ciò che fa mentre il giudice no. I giudici, privi di qualsivoglia responsabilità, si allontanano prontamente dalla realtà vera e pretendono, abusano, fanno danni. Ad esempio pretendendo di fare le leggi in vece del legislatore che è unicamente quello eletto dal popolo italiano. Né si può solo sperare nel buon gusto di un comportamento corretto da parte di soggetti cui il sistema dà potere di decisione.
Oggi è necessario “immergere” i giudici nella loro responsabilità, renderli responsabili, “colpevoli” di ciò che fanno, farli convergere per intero nella responsabilità di ciò che combinano, che non significa richiamarli di tanto in tanto, come ha fatto da ultimo inutilmente Sergio Mattarella alla imparzialità e alla serietà, ma trascinare l’intero corpo giudicante nel mercato privato e farlo funzionare, in maniera indipendente economicamente, da solo, lontano dallo Stato. Stato minimo e servizi, pochi, pagati con la tassazione di tutti. Il servizio giustizia deve pagarsi da solo come già succede negli arbitrati degli arbitri, nelle conciliazioni dei conciliatori, nelle negoziazioni dei negoziatori, nelle mediazioni dei mediatori.
Il governo non eletto Renzi, con gli altri due governi di sinistra parimenti non eletti Monti e Letta, hanno al contrario appesantito la nostra struttura immettendo centinaia di altri giudicanti a tempo indeterminato, che significa che li si dovrebbe mantenere a vita a nostre spese, qualsiasi cosa combinino e facciano. Ecco il perché gli affari e l’economia tutta, il mercato fuggono lontano a più non posso dall’Italia giustizialista, pubblica, impiegatizia, statale, arbitraria, inaffidabile, inefficiente.
di Cesare Alfieri