martedì 24 febbraio 2015
Sento spesso dire che la destra italiana è morta. Io non lo credo, con tutta onestà, perché quando la “mia” destra aveva un soggetto politico di riferimento forte e credibile nessuno di quelli che sedevano accanto a me ha mai pensato che un ideale possa esaurirsi in un contenitore; gli ideali, a me ha insegnato quella destra di cui oggi tanto si sente la mancanza, mantengono in vita un sogno e un desiderio.
E oggi è ancora così. Per cui tendo sempre a prendere le distanze da un certo pensiero, incline all’autocommiserazione e al de profundis di qualcosa che invece è ancora vivo e pulsante dentro il cuore di tutti quelli che almeno una volta nella vita hanno assaporato la straordinaria portata di quell’ideale. E mi tengo ancor più lontana dal pensiero oggi più in voga in quello che fino a pochi anni fa era chiamato “centrodestra”, quello sì davvero estinto, ovvero dalla critica e dalla denigrazione dell’avversario “interno”, invece che di quello esterno. Assisto in queste settimane a vari e variegati incontri tutti mirati ad accaparrarsi una leadership che non esiste più, di un contenitore ormai consunto e svuotato, tale che prenderne il comando equivale oggi a comandare solo su sé stessi e poco più. Il tutto condito da attacchi feroci verso le nuove formazioni in crescita come il neonato movimento di Matteo Salvini o altri simili sparsi in Europa.
Cui prodest?, avrebbero chiesto i latini, a chi giova tutto questo io davvero non saprei, se non a spezzettare e ad atomizzare ancora di più una galassia frantumata dal ciclone chiamato Pdl che ancora oggi sconta fratture e scossoni continui anche a causa di scelte che di centrodestra hanno davvero molto poco; agglomerati minoritari di vecchia destra che tentano di rivendicare una primazia politica e culturale inesistente a seguito dell’esplosione numerica dei nuovi soggetti politici, sprazzi di centrismo rivoluzionario che solo dopo il fallimento di strategie prima ritenute vantaggiose, anche se prevedevano patti con il diavolo, si ricordano di chiedere un’opposizione vera e seria, e potrei andare avanti per ore ad elencare gli amici alla ricerca del nemico interno.
Gli ideali, lo ricordo ancora una volta a chi vorrebbe farsene custode pur non avendone le chiavi, sono patrimonio di tutti e non possono né debbono avere un padrone se non la propria coscienza; già, la coscienza, proprio lei, che indusse gli aspiranti padroni del centrodestra scomparso a tumulare la destra italiana in un loculo dal quale non sarebbe mai uscita se non in polvere e che oggi reclamano a gran voce la necessità di non lasciare tutto in mano a Salvini o a chissà chi altri. Il risveglio dal sonno della ragione? No, io non credo. Credo invece che sia molto difficile, per chi fino a oggi ha imbavagliato la propria coscienza inghiottendo compromessi politici indigeribili, confrontarsi con chi ha voglia e contenuti per spezzare il ritmo del deprezzamento e della svendita del Paese, del suo impoverimento umano ed economico.
Ciò che conta, al fine, è che l’ideale pulsante di destra continui a vivere e a perdurare; ed esso, quando puro e non oscurato dalle nubi dell’acredine e dell’invidia, può vivere dovunque. Continuando ad ardere fino al momento della rinascita a nuova vita.
di Souad Sbai