venerdì 13 febbraio 2015
Dell’articolo di Marcello Veneziani, apparso sul Corriere della Sera, condividiamo tutto tranne quella parte riguardante le considerazioni su Silvio Berlusconi e il suo ruolo. Veneziani è persona capace, garbata e culturalmente acuta, un amico con il quale più volte, negli anni di gloria del centrodestra, ci siamo ritrovati a riflettere su quale futuro questo avrebbe potuto avere.
Anche noi, essendo dentro l’area dell’allora Polo delle Libertà, veniamo dalla cultura socialista, quella per intendersi tradita da chi non esitò, nell’epoca di Tangentopoli, a mortificare ogni evidenza pur di correre sul carro della gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto. Proprio lì nasce l’importanza politica di Berlusconi che, seppure per motivi diversamente intesi, ebbe la forza e il coraggio di scendere in campo, offrendo agli italiani un’opzione nuova, concreta e soprattutto salvifica: un vero centrodestra. Nasceva il bipolarismo e la possibilità di instaurare nel nostro Paese una alternanza tra poli che, specialmente per il centrodestra, si univano nelle diversità, per contrastare l’ipocrisia comunista e il falso storico che la libertà e la salvezza dell’Italia fosse dipesa solo da loro. Non è così e non era così, l’Italia è repubblicana e libera (per così dire) grazie al contributo di tante culture, tante storie, tante matrici ideologiche, tanti sacrifici personali.
Ma siccome la storia la scrive chi vince e sa imporsi, il partito comunista seppe bene prevaricare gli altri, suggestionando tutti che il merito sostanziale e determinante fosse il suo. Bene, Berlusconi nel ’94 scese in campo anche contro questo e con straordinario intuito amalgamò, tra mille difficoltà, tutta la gente che non ne poteva più della supposta superiorità biologica, morale, culturale degli ex comunisti. Iniziò da allora un lungo e sofferto percorso che portò al trionfo di Berlusconi e del centrodestra del 2001, una vittoria esaltante che sembrava aprire all’Italia una stagione di libertà concreta e di compiuto stato del diritto. Purtroppo sappiamo che non fu proprio così, tentennamenti, trasversalismi e indecisioni, di cui certamente Berlusconi è responsabile, bucarono la compiutezza del progetto, riconsegnando così il Paese alle sinistre e al cattocomunismo di Prodi and company.
Come se non bastasse, nella successiva occasione vittoriosa del 2008, il centrodestra seppe dare il peggio di sé e qui non c’entra solo Berlusconi, c’entrano in molti, a partire da Gianfranco Fini. Cedere poi all’imposizione di Monti (e su questo torna in ballo il Cavaliere) è stato il più fatale degli errori. Dal quel momento, passo dopo passo, sfaldamenti, opportunismi, tradimenti, piccole storie personali, hanno polverizzato tutto ciò che si era costruito, fino ad arrivare da parte di Berlusconi, ad accettare il più grosso degli imbrogli: il Patto del Nazareno. Che in tutto ciò le colpe di Silvio siano grandi, non c’è dubbio, ma da questo ad escluderlo da tutto c’è un mare.
Certo che Berlusconi prima o poi dovrà passare la mano, certo che una successione sia ovvia e necessaria, certo che non possa essere lui il futuro, ma in questo momento serve e serve tanto, senza di lui ogni ipotesi di rinascita del centrodestra nei fatti è impossibile. Serve il suo carisma, i voti personali, il suo trascinamento, soprattutto serve che faccia sul serio ed è questa l’unica nostra preoccupazione. Se così fosse, tutto è possibile e nulla è perduto, si può ricominciare e ripartire dal ’94, basta stare insieme, scegliendo e seguendo gli uomini migliori, quelli giovani che vogliono crederci per mandare a casa la spocchia, l’arroganza, l’ipocrisia di questa maggioranza di centrosinistra e del suo leader.
Caro Marcello Veneziani, senza Berlusconi non si fa, solo su questo la pensiamo diversamente.
di Elide Rossi e Alfredo Mosca