Marino non controlla le municipalizzate

martedì 10 febbraio 2015


Venerdì sera ore 21, via del Colosseo 1, lo storico locale degli amanti della birra e del calcio italiano e internazionale, lo “Shamrock cafè”, è al buio già da quasi un’ora. Come d’altronde lo sono tutti gli abitanti della stessa via che porta dai Fori Imperiali alla terrazza che affaccia sul Colosseo. In realtà ultimamente un po’ nascosto dal cantiere e dagli interminabili lavori della linea C della metropolitana, che già si sono divorati tutto il belvedere Cederna inagibile da più di due anni.

L’Acea, municipalizzata romana quotata in borsa e sempre sui giornali per i compensi megagalattici di amministratori e dirigenti, è stata inutilmente allertata: c’è il rischio di non vedere le partite del venerdì sera e che i frigoriferi del locale si scongelino mandando al macero un bel po’ di cibo fresco e surgelato. Niente da fare. La mitica “squadra” che il numero delle emergenze guasti (06/45400396) promette di mandare non arriverà che alle 10 e 30 di sabato. E quindi per “Shamrock cafè” perdita di clienti e di cibo, mentre tutti gli altri abitanti se ne stanno senza riscaldamento e luce e non resta loro che andarsene a letto senza cena. Magari anche smadonnando. Tutto ciò accade a Roma, in pieno centro storico, e non a Mosul, in Iraq, dove la guerra civile con il califfato dell’Isis rende più comprensibili simili interruzioni di energia elettrica e la difficoltà di reperire una squadra per andarle a riparare. Magari in un’ora o due.

Ma il sindaco Marino pensa solo alle unioni gay. Che pure sono importanti. Magari non come tenere la luce assicurata per tutta la cittadinanza, in questo caso addirittura del centro storico, ma tant’è. Parliamo allora delle buche, per non dire le voragini, che questa settimana di inevitabile pioggia e gelo, visto che siamo a febbraio, ha provveduto a riaprire nelle strade di tutta Roma. Uno che giri in motorino, bicicletta o anche a piedi rischia grosso. A volte la stessa vita. Però anche questo problema a Roma sembra irrisolubile. In compenso abbiamo un magistrato, già sindacalista di punta dell’Anm, assessore alla legalità. Che però come Marino non può che occuparsi dei diritti civili delle coppie gay o al massimo delle mazzette che prendono molti vigili urbani, se del caso scoprendo l’acqua calda.

Marino come al solito sui problemi della Capitale preferisce il silenzio. E infatti, dopo la sarabanda estiva, ha chiuso a modo suo anche il dossier Teatro dell’Opera. Con gravi perdite, non solo economiche ma anche in termini di credibilità, soprattutto nei confronti di spettatori e abbonati. Questi ultimi addirittura sono stati in qualche maniera raggirati. A luglio quando ancora non era scoppiato il caso di Riccardo Muti tutti quanti erano stati invitati ad affrettarsi a rinnovare l’abbonamento che sarebbe scaduto solo a novembre. Per attirarli la promessa di ben due opere, l’Aida e il Rigoletto, dirette per l’appunto da Muti in persona. Con le prime tipiche dei giorni di festa, presenza del capo dello stato inclusa.

Succede invece a settembre che il maestro Riccardo Muti, mancato candidato renziano alla presidenza della repubblica, se ne vada sbattendo la porta. Per la troppa conflittualità sindacale che rende a lui impossibile, a suo dire, una seria conduzione e direzione d’orchestra nelle prove come nelle serate. E l’Aida e il Rigoletto promessi nella brochure di luglio spedita dall’ufficio stampa con tanto di firma in calce del sovrintendente Carlo Fuortes? Finiscono in cavalleria, almeno per gli abbonati. L’Aida, la cui prima doveva aprire la stagione, viene sostituita “last minute” dalla Rusalka di Dvorak, opera tutto sommato molto bella ma sicuramente minore rispetto alle attese. Però siccome all’Opera avevano costumi e allestimenti già pronti di una precedente esecuzione di qualche stagione orsono si è preferito fare così piuttosto che far saltare direttamente il primo spettacolo della stagione. Evidentemente nessuno all’infuori di Muti poteva dirigere l’Aida.

Il “Rigoletto”, che doveva essere compreso nell’abbonamento e diretto anche esso da Muti, lo dirige qualcun altro (che evidentemente si è trovato), invece esce proditoriamente dall’abbonamento. Senza una spiegazione ad alcuno degli abbonati. E chi ha voluto tra gli abbonati ha potuto vederselo a prezzo appena ridotto proprio nei giorni appena trascorsi. Se non è una “sòla”, per dirla alla romana, poco ci manca. In tutto questo il sindaco Marino fa ancora una volta finta di niente. Che si tratti di elettricità, delle pericolose buche o voragini del manto stradale o di una decente conduzione del Teatro dell’Opera lui si vede solo per la propaganda dei telegiornali regionali. Le coppie gay e i loro sacrosanti diritti sembrano ormai assorbirlo in maniera quasi totalizzante.


di Dimitri Buffa