mercoledì 4 febbraio 2015
Il neo-eletto presidente della Repubblica ha rivolto il suo primo pensiero agli italiani in difficoltà e alle loro speranze per il futuro. Vogliamo credergli. Allora ecco servitogli il primo caso di sofferenza autentica, di quella specie maligna che piaga la carne e lo spirito delle persone.
E, talvolta, conduce a compiere gesti estremi. Riguarda una sua conterranea. È la storia atroce di Paola, quarantaseienne ragusana, a cui una giustizia malata sta per portare via quel poco di futuro che le resta. Paola è un’imprenditrice. Ma non una qualsiasi. Un tempo si sarebbe detto che è una donna-coraggio, visto che ha avuto la forza di denunciare gli estorsori che le stavano mangiando a morsi la sua florida azienda di arredamenti. Grazie a lei i criminali finiti dietro le barre non hanno potuto nuocere a tanta altra brava gente. Lo Stato le aveva promesso di ricordarsi di lei al momento debito, offrendole l’aiuto economico riservato alle vittime del racket. Peccato che, dopo anni di attesa, non le abbia ancora sganciato un centesimo di euro. Alla faccia della solidarietà!
Nel frattempo a premiarla ha pensato la vita che le ha fatto dono di un tumore al polmone e altri due al seno, tanto per non farle mancare niente. A sentirla, Paola, sembra una tigre, non una vittima. Sebbene ferita, continua a combattere con incredibile ardore. Non vuole arrendersi. E seppure per un momento, ci confessa, è stata attraversata dal desiderio di farla finita, quel plumbeo pensiero non ha albergato nel suo cuore. Per lei, di pura razza siciliana, la famiglia davanti a tutto. C’è il marito, ci sono i giovani figli da proteggere. Non può lasciarsi soli. Lo ha detto anche al Papa a cui ha scritto raccontando la sua storia. Tuttavia, quel che non è riuscito agli estorsori tra poco riuscirà allo Stato e alle banche. Sono due moloch che quando ci si mettono sanno essere più crudeli dei peggiori estorsori
. I beni di Paola sono stati pignorati e messi all’asta perché sulla solidarietà hanno fatto aggio la burocrazia e la sfiducia; le cartelle di Equitalia e gli ordini di revoca degli affidamenti. In dieci anni il fatturato dell’impresa di Paola è precipitato. Sono stati lasciati a casa il 70 per cento dei dipendenti nonostante l’azienda continuasse a ricevere commesse da una clientela ancora numerosa. Paola non è stata azzoppata dalla crisi ma dalla malavita organizzata, dalla burocrazia e dalla miopia del sistema del credito.
Oggi i suoi beni, cioè il capannone con i macchinari e la casa nella quale vive con la famiglia, sono battuti all’asta giudiziaria a un quarto del loro valore di stima. Si attende solo che lo sciacallo di turno annusi la preda per godersi il facile pasto. Ma potrebbe non essere così semplice perché Paola si è rivolta ai “forconi” di Mariano Ferro che, nella nuova forma di federazione, sono in procinto di lanciare su scala nazionale il loro programma di lotta senza quartiere all’ingiustizia legalizzata. I “forconi” saranno in piazza oggi a Roma davanti ai palazzi del potere. Porteranno con loro i calcinacci delle aziende che i proprietari hanno preferito abbattere pur di non vedersele sottratte dai meccanismi infernali della “giustizia ingiusta”.
Paola sarà con loro e racconterà la sua storia all’Italia nel corso della conferenza stampa organizzata presso l’Hotel Nazionale di Roma alle 10,30. Siamo proprio curiosi di vedere quanta attenzione i “giornaloni” e le soubrette del circo mediatico vorranno riservare alle storie di rabbia e disperazione che racconta Mariano Ferro. Ci dica, signor presidente della Repubblica: le lacrime di Paola quanto valgono? La prima frase che lei ha pronunciato era solo di circostanza? Tanto per dire qualcosa da consegnare ai posteri? Se non è così, allora ascolti la supplica di Paola quando le si rivolgerà, implorante vera giustizia. Ascolti la sua storia e quelle migliaia di altre storie di dolore che l’Italia di questo tempo racconta. Lo faccia da Capo dello Stato. Lo faccia da padre. Il paese gliene sarà riconoscente.
di Cristofaro Sola