venerdì 30 gennaio 2015
Antonio Martino presidente. E che non sia solo un “candidato di bandiera” utile solo a far votare una scheda bianca ai rivali del centrodestra. L’iniziativa del movimento Rete Liberale, di cui abbiamo già parlato sulle colonne di questo giornale si concretizzerà oggi, dalle 14, con un banchetto sotto l’obelisco di Piazza Montecitorio a Roma. Mentre i parlamentari voteranno anche oggi per il prossimo Presidente della Repubblica, i semplici cittadini potranno esprimere la loro preferenza personale scrivendola su un foglio e consegnandola ai volontari. Ma andiamo con ordine, parlandone con Riccardo Lucarelli, di Rete Liberale.
La vostra iniziativa nasce con la proposta di Martino Presidente. Quante sono le chances?
Se parliamo dei numeri parlamentari, sono sotto gli occhi di tutti: ben poche possibilità. Se invece facessimo un ragionamento politico, le cose potrebbero cambiare. Perché lo spessore del personaggio è indiscutibile, così come la sua preparazione ed autorevolezza politica. Nulla è certo, noi ci proviamo ed esprimiamo questa preferenza.
Antonio Martino risponde effettivamente a tutte le caratteristiche indicate per il prossimo presidente. Perché viene osteggiato a priori?
Sicuramente viene osteggiato dal centrosinistra perché è uno dei pochi politici italiani, anche all’interno dello stesso centrodestra, a rappresentare un’alternativa vera. E’ uno dei pochissimi che si oppone alle politiche keynesiane che sono state portate avanti finora, anche dalla sua stessa parte politica. Per cui le sue idee potrebbero dar fastidio a molti, soprattutto ai politici, perché Martino ha sempre puntato a ridimensionare la spesa pubblica, tagliando anche i privilegi, ha sempre parlato di meritocrazia e di trasparenza, cose molto scomode per la classe politica attualmente in Parlamento.
Da presidente, però, non potrebbe fare riforme…
Antonio Martino ha rilasciato una dichiarazione molto interessante, in merito: prenderebbe a modello il presidente Luigi Einaudi (1948-1955, ndr). E questo rassicura: tutto si può dire fuorché non sia un atlantista convinto, un difensore dei valori occidentali. Per questo riteniamo che sia il candidato giusto al momento giusto, perché in questo periodo di crisi, internazionale oltre che economica, serve una figura che ci ancori all’Occidente, che riporti equilibrio fra America, Europa e Oriente. Sarebbe poi il contrario di un candidato proveniente dalla nomenklatura statale, incardinato in logiche di potere che non ci appartengono.
Alla luce di tutto quello che ci siamo detti finora, come mai il centrodestra non si schiera dietro Martino. Berlusconi lo propone come nome di “bandiera” (e poi non ne parla neanche più), mentre la Lega e Giorgia Meloni propongono, simbolicamente, Vittorio Feltri. Perché, secondo lei?
E’ veramente spiacevole questo scenario. Anche la Meloni e Salvini avrebbero potuto e dovuto proporre Martino. Arrivo a dire: anche se avessero voluto mettere in crisi Berlusconi, che si è sempre sciacquato la bocca con “l’unità del centrodestra” e a quel punto sarebbe stato vincolato a votare il candidato proposto, come alternativa a un patto di compromesso con la sinistra (contro il centrodestra, dunque). Su questo, hanno sbagliato, sono stati troppo leggeri. Per quanto riguarda Berlusconi, è sempre più evidente che non abbia più una linea politica. Molti suoi elettori sono spaesati, perché chi vota, prima o poi, in cambio chiede coerenza e chiarezza, non vuole giochi di palazzo, conte dei franchi tiratori e cambi di rotta. Berlusconi, a nostro avviso, dovrebbe ribadire i programmi di riforma del ’94, fra cui il bipolarismo e l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Proprio su quest’ultimo punto, voi pensate di far votare direttamente (simbolicamente) gli elettori. Si potrà indicare qualunque nome?
Sì, noi raccoglieremo le preferenze dalle 14 alle 19, in piazza Montecitorio. Ognuno potrà scrivere il nome del candidato che preferisce, alla fine della giornata noi stileremo un verbale con il numero dei votanti, le schede bianche e pubblicheremo sul nostro sito i risultati dei vari candidati. E’ un atto simbolico, ma serve a far capire che chiunque sia dotato di diritti di cittadinanza attiva dovrebbe poter recarsi alle urne e votare anche per il presidente, per il candidato che ritiene più opportuno.
In questi giorni, tuttavia, sono emersi molti nomi di candidati impossibili, soprattutto Magalli. Non ritiene che un’elezione diretta si possa trasformare in burla?
Direi di no, perché una volta fatta la riforma dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica ci sarebbe una selezione molto più seria. E’ ovvio che i partiti avrebbero accesso alla raccolta delle firme per presentare i candidati e, come avviene in Francia, emergerebbero i nomi più solidi da una rosa di candidati possibili. Finché si parla di atti simbolici, i gesti teatrali sono frequenti. Se fosse un’elezione reale, l’elettore si renderebbe conto che sta votando per una cosa seria.
Speranze per una riforma presidenziale?
Sono ottimista, nonostante tutto. I partiti non ci stanno pensando, perché una classe politica screditata mira almeno a difendere la prerogativa della scelta del capo dello Stato. Ma si può procedere con la raccolta firme per una proposta di legge popolare.
di Stefano Magni