Che show la Le Pen in prima serata!

giovedì 22 gennaio 2015


Ci perdonerà Paolo Pillitteri se, per una volta, gli rubiamo il mestiere. Ma l’occasione di commentare la figuraccia di Massimo D’Alema, messo al tappeto da Marine Le Pen, non potevamo farcela sfuggire. Il faccia-a-faccia tra i due politici, organizzato su La7 da Giovanni Floris l’altra sera, è stato un godimento allo stato puro. Indipendentemente da come la si pensi, bisogna ascoltarla, la Le Pen, per comprendere quanto sia incolmabile la distanza tra la capacità di rappresentare le proprie ragioni di una statista vera rispetto a uno dei tanti personaggi del teatrino della politica nostrana.

La “blu Marine” ha spiegato con estrema lucidità del perché consideri l’attuale governance dell’Unione europea un fallimento. Lo ha fatto evocando i risultati prodotti dalle politiche di austerity volute dal blocco dei Paesi dell’Europa settentrionale ai danni degli Stati del Sud del continente. Ha attaccato l’euro perché, a suo avviso, costituisce il buco nero che ha inghiottito il potere d’acquisto delle persone restituendo povertà e disoccupazione. Ha invocato il diritto dei popoli a scegliere, democraticamente, il proprio futuro. Ha respinto l’idea che le frontiere possano essere considerate un vecchio arnese del passato nazionalista e non un simbolo della libertà dei popoli. Non ha temuto di dire a chiare lettere che gli interessi della Germania contrastano con quelli della Francia e dell’Italia. Niente ipocrisia o linguaggio politichese. Le persone che l’hanno ascoltata possono farsi un’idea precisa di chi sia e di cosa voglia fare.

Lei difende gli interessi dei francesi. Il povero D’Alema, invece, ha cercato di buttarla in caciara ricorrendo alle sue sgangherate provocazioni. Ma è cascato male. La Le Pen gli ha ribattuto colpo su colpo. Anche quando l’ex-comunista si appellato alla nuova geografia del mondo per la quale i vecchi Stati dell’Europa ottocentesca sarebbero delle fragili entità fuori della Storia rispetto all’avanzare di potenze emergenti, forti di grandi numeri demografici, la Le Pen non ha fatto una piega. Al contrario, nella risposta ha dato una lezione che noi italiani faremmo bene a imparare.

Ha mostrato tangibilmente cosa significhi l’orgoglio per le proprie radici. Ha citato un aneddoto riferito a Charles de Gaulle. Quando un collaboratore – ha raccontato la Le Pen –fece notare a de Gaulle quanto fossero pochi i francesi rispetto alla popolazione mondiale, il generale rispose: “In Australia ci sono 2 milioni di abitanti e 200 milioni di conigli, non per questo governano i conigli”. Ci domandiamo: quanti nostri tremebondi politici avrebbero il coraggio di dire una cosa del genere? Di sicuro sarebbero più preoccupati di non urtare le altrui sensibilità, piuttosto che di guardare dritto negli occhi i propri interlocutori e di dire loro: datevi una regolata, perché dalle nostre parti è venuto fuori tutto ciò che di buono, di giusto e di bello è stato fatto al mondo.

Ci siete debitori. Abbiamo per secoli determinato il progresso dell’umanità con le nostre leggi, con le scoperte dei nostri navigatori e dei nostri scienziati, con le magnifiche opere dei nostri architetti e dei nostri artisti, con il lavoro dei nostri industriali e dei nostri artigiani, con i traffici dei nostri mercanti, con i denari dei nostri banchieri, con il sacrificio dei nostri missionari, con il sangue dei nostri soldati e dei nostri emigranti. Noi siamo l’Italia!”. Il becero terzomondismo di cui l’onorevole D’Alema è campione, l’altra sera è uscito stropicciato dal confronto televisivo come uno strofinaccio da cucina.

Si può condividere o meno l’idea della Le Pen, ma non si può ignorarne lo spessore politico, che è esattamente quello che manca alla classe dirigente di questo Paese. Comunque, la trasmissione è stata molto istruttiva. Certamente avrà aperto gli occhi a parecchi. Grazie Floris per la bella serata.


di Cristofaro Sola