sabato 17 gennaio 2015
Il mondo è pieno di irresponsabili che in nome di una presunta libertà senza confini (pensano infatti di essere liberi perché così gli fa credere la dialettica, che è lo strumento della storia umana di Dio), arrivano persino ad offendere il Padreterno, quali che siano il suo nome e il suo aspetto, che variano, necessariamente, in base alla dislocazione geografica dei popoli e alle loro diverse culture e mentalità.
Gli occidentali si scandalizzano perché Allah, attraverso il Corano e Maometto suo profeta, incita i musulmani ad uccidere gl’‘infedeli’. E Iahveh non è anch’egli un Dio guerriero, che si mette a capo del suo popolo e lo guida nella lotta contro i nemici, gli apre un varco nel Mar Rosso e poi sommerge i suoi inseguitori? Un Dio che, “posto il ferro in mano all’uom, gli disse: ‘Uccidi pur, che così il ciel comanda’”, o che “uno stilo innalza, e ’l caccia in mano all’uomo e dice: ‘Scanna!’”? Ma la Bibbia, come il Corano, è davvero parola di Dio? Questo è il punto. E’ la voce della religione o della superstizione? Che immagine di Dio è questa? Un Dio che uccide, che si pente di aver creato l’uomo (perché, pur essendo a sua immagine e somiglianza, devìa dal retto sentiero), che distrugge Sodoma e Gomorra, Gerusalemme e altre città e addirittura stermina l’umanità, uccidendo anche gli animali innocenti e risparmiando solo Noè e la sua famiglia più due esemplari per ogni specie di animali. Un Dio che tenta, inviando a Giobbe a tale scopo ‘il satana’ (cioè un ‘angelo del male’), al quale poi rimprovera di avere ecceduto nell’eseguire il suo ordine, cioè di avergli preso la mano. Benedetto XVI, invece, ha rimproverato a Dio di aver concesso a Satana troppa libertà, di dormire, di tacere e di permettere stragi ed olocausti, e lo ha esortato a svegliarsi per aiutare le sue creature. Come se le sue creature non fossero Egli stesso che per mezzo di loro realizza ciò che non può nella sua dimensione assoluta: in questa, infatti, Dio non può nascere, non può morire e non è nemmeno onnipotente, se la sua onnipotenza resta solo virtuale. Ecco la confusione che creano proprio coloro che dovrebbero illuminarci! “Beati i semplici e i puri di cuore!”, ha detto Gesù, ma non che devono restare ignoranti, anzi, ha detto: “Cercate e troverete, e quando avrete trovato farete il regno di Dio”, cioè conoscerete Dio.
Da tutti i popoli antichi Dio è presentato come un guerriero perché nel mondo terreno, nella sua dimensione relativa, temporale e contingente, Dio è lotta, scontro, materiale e dialettico. Lotta di elementi contrapposti, come il bene e il male, la gioia e il dolore, che opposti appaiono a noi (o a Dio nella sua veste umana), mentre nella dimensione assoluta sono tutti ‘conflati’ insieme, cioè mescolati e confusi. Come dice Dante, Dio è l’Eterno Volume, che, chiuso nella sua dimensione assoluta, “si squaderna”, cioè si sfoglia, in quella relativa, mostrando chiari e distinti, e spesso contrapposti, tutti i suoi contenuti.
Questo scontro o gioco dialettico ha il suo corrispondente materiale nella guerra vera e propria, la quale, peraltro, è ‘fonditrice di popoli’ (come l’immigrazione), in una sintesi armonica e conciliatrice di tesi e antitesi: un incontro che inizialmente (possono passare anche mille anni) è uno scontro, più o meno cruento, più o meno violento, in cui la parola gioca un ruolo fondamentale, e anche in questo senso Dio è Parola, come dice Giovanni. Lo vediamo nei nostri dibattiti televisivi, in cui gli avversari politici si guardano in cagnesco. (“Chi fur li maggior tui?”, chiede a Dante Farinata, per regolarsi di conseguenza. “Ma voi che cosa siete?”, chiese Prodi a dei giornalisti di un quotidiano ‘nemico’. Rosy Bindi, invece, sbrigativamente rispose: “Io con voi non ci parlo”).
Senza la guerra ‘materiale’ i popoli non si sarebbero mai incontrati, né sarebbe mai nato in loro il sentimento di fratellanza e dell’unità. Ma ci vuole una spinta per fare la guerra. Ci si sposta da un luogo all’altro per bisogno, per fame, perché il cibo del nostro territorio non basta o non ci soddisfa, per il clima, troppo freddo o troppo caldo, per desiderio di conoscenza (“fatti non foste a viver come bruti…”), per puro nomadismo e così via.
Parliamo dunque chiaro, senza arzigogoli e senza ipocrisie. Le crociate dei cristiani contro l’Islam, condotte al grido di “Dio lo vuole”, che cosa sono state? Cos’hanno avuto di diverso dal grido di Allah e dei guerrieri che dicono di agire in nome di Lui? Noi allora andavamo dagli ‘infedeli’, di prepotenza, loro adesso vengono da noi, per fame, per trovare un lavoro, un rifugio, per disperazione. Ricambiano la visita. E pretendete che fra di loro non vi sia qualcuno che, memore delle stragi compiute contro i suoi avi, non si vendichi per le offese ricevute e per quelle che continua a ricevere ancora? Ci vorrà molto tempo, ma anche questo, un giorno, passerà. Mille millenni per Dio non sono che un batter di ciglio.
Ecco, su queste cose bisogna riflettere. Allah è ‘uno’ dei tanti aspetti di Dio (del quale Gesù è senza dubbio il più sublime, perché un Dio che, offeso dall’uomo che ha violato un suo divieto, si vendica immolandosi per riscattare l’intera umanità è l’immagine più alta e più poetica che si possa concepire). Ma tutti gli uomini sono dèi in quanto figli di Dio, come afferma Gesù (ed è inutile dire che ‘dèi’ significa ‘giudici’ e cavillarci sopra): uomini fatti della sostanza stessa di Dio, grossolana rispetto alla purissima essenza della sua dimensione assoluta, che è pur sempre materia, una Materia divina alla quale Teilhard de Chardin ha innalzato un inno di lode: “Ti benedico, o Materia, e ti saluto, non già quale ti descrivono, ridotta o sfigurata, i pontefici della Scienza e i predicatori delle Virtù, un’accozzaglia, dicono, di forze brutali e di bassi appetiti, ma quale tu mi appari nella tua totalità e nella tua verità”.
Il mondo, in poche parole, è frutto di una manipolazione della sostanza divina, che sia essa pura energia o una serie di vibrazioni o di suoni che si diffondono nello spazio infinito, come la Parola di cui parla Giovanni (“In principio era la Parola, la Parola era presso Dio e la Parola era Dio, e tutto è stato fatto per mezzo della Parola”, cioè della sostanza stessa di Dio). Una trasformazione, dunque, una metamorfosi divina, una continua teofania: questo è l’universo.
E allora che senso ha distinguere fra Allah, Iahveh, Brahma e così via? Nessuno degli aspetti di Dio, compreso il papa, può essere messo alla berlina. A meno che non si creda che anche il mettere alla berlina Allah rientri nel gioco dialettico di Dio.
di Mario Scaffidi Abbate