venerdì 16 gennaio 2015
Sarà, come dice Gaetano Quagliariello in un suo commento rilasciato all’Huffington Post, che dell’azione balsamica di Napolitano non c’abbiamo capito nulla, ma noi, testardi, continuiamo a pensare al presidente uscente come alla grande iattura di questo paese. Sul punto siamo totalmente inconciliabili con coloro che, eletti nelle fila del PdL, hanno pensato di bene di trasmigrare verso altre sponde, come le anatre in primavera. Tuttavia, la valutazione su Napolitano non è l’unico motivo d’inconciliabilità. Non occorre un mago per capire che contro i transfughi del Ncd vi sia qualcosa di più dello sciocco rancore nutrito verso chi ha abbandonato la stalla nella convinzione di non poter trarre altro fieno dalla vecchia greppia.
C’è di mezzo una scomposizione politica del quadro della destra italiana che porta in superficie una frattura ideologica profonda, corrente tra due differenti progetti. La “seconda repubblica” nasceva sul presupposto che la società italiana fosse matura per metabolizzare la filosofia del bipolarismo di stampo anglosassone. Non più partiti radicati nei rispettivi steccati ideologici ma movimenti d’opinione sufficientemente fluidi, in grado di inglobare visioni ideali molto diverse tra loro. Piattaforme programmatiche asciutte avrebbero dovuto sostituire i credi identitari dell’appartenenza ai partiti tradizionali. Di questo nuovo paradigma Berlusconi è stato il campione. Lo ha incarnato.
Oggi la medesima idea mostra la corda per molte ragioni che qui sarebbe difficile sintetizzare. Tuttavia, di una cosa si può esser certi: il bipolarismo berlusconiano avrebbe dovuto rappresentare l’antidoto contro il rischio di un ritorno alla deriva centrista, impersonata durante la vita della “prima repubblica”, dal partito onnivoro della Democrazia Cristiana. L’alternanza, che quell’idea di bipolarismo avrebbe dovuto garantire, prospettava la sopravvivenza di due soli paradigmi portanti: quello progressista-egualitarista della sinistra contrapposto a quello liberale-conservatore della destra. Questa separazione dei campi avrebbe permesso di mettere al riparo la categoria concettuale del riformismo dalla tentazione di farne un’etichetta in appannaggio a una sola parte.
L’operazione di rottura realizzata da Alfano e dai suoi è, invece, il migliore viatico per il progetto renziano di ricostruzione di “un partito della Nazione” sul modello della Dc, però generato dalla palingenesi in senso moderato-popolare della sinistra. Si potrebbe sostenere che lo schema bipolare fosse già saltato per effetto dell’affermazione dei “5Stelle”. Non è così. Il trionfo di un movimento dichiaratamente antisistema è l’eccezione che conferma la regola. Solo continuando a perseguire la pratica della distinzione netta dei campi si sarebbe offerta a un elettorato confuso l’opportunità di riorientarsi all’interno degli schieramenti convenzionali.
Oggi, tutto questo è oggettivamente più difficile, se non impossibile. E lascia francamente perplessi la facilità con la quale Berlusconi, rimotivando i suoi, insista nel dire che la partita è aperta visti i sondaggi che darebbero un distacco di sole 5 lunghezze tra il centrosinistra e il centrodestra. Come se forze antitetiche quali la Lega di Salvini e il Nuovo Centrodestra di Alfano, per non parlare della pattuglia vetero-democristiana dell’Udc e dei beneficiati dell’”equivoco montiano”, potessero stare insieme. La fragilità del sogno di un centrodestra riunificato sull’onda di un sincero idem sentire avrà ben presto occasione di mostrarsi. Sarà con la storia dell’elezione del nuovo presidente della Repubblica che si materializzerà un deludente risveglio.
L’astuto premier, a dispetto di tutti gli annunci d’intese e di patti da rispettare, troverà l’accordo all’interno della sua maggioranza di ottimati, costringendo il vecchio leone di Arcore a subirne la scelta. Berlusconi, suo malgrado, dovrà prendere atto di essere andato a sbattere contro i pilastri di un solido “monocolore” renziano. E forse, alla fine, meglio così. Certi schiaffi, per quanto dolorosi, possono rivelarsi finanche salutari. Prima la leadership di Forza Italia prende coscienza della realtà, prima si metterà mano all’unico progetto possibile: la ricostruzione di un’identità di destra con le solo forze che a quella identità si richiamano e che in essa si riconoscono. Fuori da questa naturale proiezione restano solo le mostruose immagini della stanza degli specchi deformanti.
di Cristofaro Sola