domenica 11 gennaio 2015
Esposizione dei fatti.
Mattia (nome di fantasia, per salvaguardare la privacy) è il figlio di due mamme: una spagnola (che lo ha partorito) ed una italiana (che ha donato l’ovulo fecondato con inseminazione eterologa, poi, impiantato nell’utero della compagna). Mattia è nato a Barcellona da una coppia gay, sposata in Spagna (per la legge locale è figlio di due mamme). I dirigenti dell’anagrafe di Torino e i responsabili dell’avvocatura del Comune, dopo aver informato il sindaco Piero Fassino ed in attesa del parere già richiesto al Governo, hanno deciso di trascrivere Mattia nei registri anagrafici, ed esattamente nell’elenco dei cittadini residenti all’estero, per ottemperare alla sentenza della Corte di Appello di Torino che ha ordinato la trascrizione (il Comune ha l’obbligo di eseguire la sentenza). Mattia, così, ha legalmente due madri. Quando poi arriverà la sentenza della Cassazione oppure il parere contrario del Governo (Ministero dell’Interno, che è già intervenuto nella registrazione delle nozze gay), il Comune di Torino riesaminerà il caso.
La sentenza della Corte d’Appello
La sentenza della Corte d’Appello di Torino ha imposto all’ufficiale di Stato Civile dell’anagrafe di Torino di trascrivere nei suoi registri il figlio delle due mamme, dietro loro richiesta, come “figlio di entrambe”. E’ la prima volta che ciò accade in Italia. L’Amministrazione Comunale aveva mostrato molto cautela ed aveva anche interpellato la Prefettura per avere un parere. Gli Enti locali, infatti, sono “semplicemente delegati ad eseguire ed applicare le norme di Stato Civile”. La sentenza si basa sulla necessità di “garantire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni, nell'esclusivo interesse del bambino cresciuto da due donne che la legge spagnola riconosce entrambe come madri". Il caso, inoltre, presenta ulteriori elementi di riflessione. Le due donne, nell’atto di nascita di Mattia dell’anagrafe spagnola, sono indicate come “madre A” e “madre B”. In un primo momento il Tribunale di Torino aveva rifiutato la richiesta di trascrizione nell’anagrafe italiana perché ritenuta "contraria all'ordine pubblico" in relazione alle norme italiane in materia di filiazione che fanno riferimento ai concetti di padre e madre, di marito e moglie. La sezione famiglia della Corte d'Appello, invece, ha ribaltato questa decisione. La mancata trascrizione dell'atto di nascita - sostiene la Corte - verrebbe infatti a comprimere il diritto all'identità personale del minore e il suo status in Italia. Anche perché le due donne, nel 2014, hanno divorziato scegliendo, però, la condivisione della responsabilità genitoriale. "La mancata trascrizione - per la Corte - comporterebbe anche conseguenze rilevanti in ordine alla libera circolazione del minore".
Opposte valutazioni
Per l’avv. Gassani, presidente dell’Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani, la sentenza “apre il varco ad una svolta nel diritto di famiglia italiano, specie sul versante della filiazione, essendo imperniata sulla tutela del principio di identità personale e sociale di ciascuno”.
Plaude alla decisione della Corte, anche il comitato Torino Pride: "Torino e la sua Corte d'Appello si pongono nuovamente all'avanguardia su una questione di eccezionale importanza. Per la prima volta in Italia a un neonato sono riconosciute due mamme. Crediamo che la Corte d'Appello abbia finalmente fissato un punto fondamentale”.
Reazione opposta quella di Mons. Forte, Segretario del Sinodo sulla famiglia: "Un bambino ha il diritto di crescere con un padre ed una madre e la decisione della Corte d'appello di Torino, che apre alla possibilità di avere due mamme, non tutela questo diritto". Poi egli conclude affermando di augurarsi che non vi sia emulazione nelle affermazioni delle due parti, ma una seria ed approfondita riflessione. Ancora più articolata la posizione dell’Arcivescovo di Torino, Mons. Nosiglia. Premette di non voler entrare nel merito delle decisioni della magistratura e sottolinea “l'attenzione prioritaria alla tutela della persona più debole", come fanno i giudici, in entrambi i gradi di giudizio. Afferma, quindi, che l’espansione senza limiti dei diritti soggettivi, induce a una grande confusione giuridica, con la conseguenza, come in questo caso, di far pagare le conseguenze proprio a coloro che si dice di voler tutelare.
Ascoltiamo, infine, anche la mamma italiana del bambino. Benché in Spagna siano entrambe registrate come genitori, per la legge italiana è mamma solo la donna che l'ha partorito. Per questo - dice - ha voluto fare “una battaglia di principio”. Ha quarantatre anni, un figlio che sta per compierne quattro, un matrimonio e un divorzio con un'altra donna. E’ partita da Barcellona per lanciarsi in una battaglia legale affinché il figlio fosse iscritto all’anagrafe di Torino perché si sente una vera madre avendo donato l'ovulo che è stato fecondato e impiantato nell'utero della mamma spagnola.
Riepiloga così il suo caso: il legame che mio figlio ha con l'Italia e con Torino in particolare è molto forte: qui ha una famiglia composta di nonni, zii, cugini. Poi ci sono anche questioni di eredità, perché mio figlio non ha alcun vincolo legale con i suoi familiari italiani. Eppure porta anche il mio cognome, oltre a quello dell'altra sua mamma". E continua: “Due anni fa ho cercato di iscrivere Mattia all'anagrafe di Torino e la mia richiesta è stata respinta, ho fatto ricorso ed è stato respinto, ho fatto appello ed è stato accolto". Conclude: “non ho mai vissuto situazioni sgradevoli ma negli occhi delle persone leggo spesso una grossa sorpresa quando spiego come è composta la nostra famiglia".
La sentenza della Corte d’Appello, con tutti i suoi risvolti, dottrinali e pratici, mette in evidenza l’urgenza di un intervento dei nostri legislatori in materia.
di Elena Vitanca