venerdì 7 novembre 2014
Avete presente quei sottomarini visti in tanti film di guerra, che per fuggire ai radar nemici cominciano ad inabissarsi così tanto da superare il limite di guardia? Equipaggio tesissimo, motori spenti, buio totale, tutto fermo e silenzioso, tranne che il sinistro scricchiolio delle lamiere d’acciaio sottoposte ad una pressione insopportabile e il tintinnare dei bulloni di tenuta degli oblò che pericolosamente iniziano a cedere. Bene, quel sottomarino siamo noi, un Paese che sta precipitando oltre ogni misura possibile, dove nulla più si muove, tranne che gli indicatori di profondità della crisi.
Negli ultimi tre anni almeno, siamo continuati a precipitare in un baratro cupo, obbligati ad una pressione fiscale, sociale e collettiva insostenibile, messi alla prova da provvedimenti demenziali, scellerati e antieconomici che, Governo dopo Governo, stanno facendo saltare la tenuta del sistema.
Chiunque con un po’ di sale in zucca avvertirebbe quegli scricchiolii e quei rumori strani, solamente Matteo Renzi e la sua corte fanno finta di niente continuando a scherzare con il fuoco. Da quando l’ex sindaco di Firenze ha preso il comando sono passati nove mesi, non c’è indicatore che non sia peggiorato e, nonostante gli annunci spudoratamente sbagliati e azzardati, tutto è andato al contrario rispetto alle promesse.
Prodotto interno lordo, debito pubblico, disoccupazione, consumi, un bollettino medico da rianimazione, numeri da pelle d’oca che l’Esecutivo dei rottamatori tenta di cambiare somministrando veleno anziché medicine e ossigeno. Per ridare fiato alla casa ha introdotto la Tasi, per stimolare il risparmio ha raddoppiato il prelievo, per responsabilizzare i comuni gli ha concesso addizionali, per erogare 80 euro ad alcuni ha tartassato tutti gli altri, per ridurre la spesa ha licenziato Carlo Cottarelli. Per carità di patria, non ci si dica del Jobs act, dell’Irap, del bonus bebè e del precompilato; sono come la tinta per i capelli che è utile solo a nascondere il bianco che c’è sotto. Vanno letti bene quei provvedimenti prima di ritenerli straordinari e salvifici. Serviranno a poco e niente, questa è la verità, in Italia il 90 per cento delle aziende è sotto i 15 dipendenti, il 70 per cento opera nei servizi terziari e non ha personale fisso, le coppie hanno smesso di fare figli perché non se li possono permettere, il contenzioso fiscale è così devastante che il precompilato lo farà esplodere.
Dove sono finiti i miliardi a sfascio che la Banca centrale europea (Bce) ha erogato affinché fossero disponibili a tutti? Che fine ha fatto il proposito di fisco amico? Dove sono quei soldi pronti a pagare arretrati e riforme? A chi è finita la più grande riduzione fiscale della storia se la gente non ha il becco di un quattrino? Cipria e deodoranti, cari signori, per coprire le macchie e gli effluvi di sperperi, scandali e spese pazze di una politica malata che per coprire i debiti e gli sbagli ci ha massacrati di tasse.
Il fisco non può servire a rincorrere il deficit, serve ad offrire servizi e investire nel Paese; il welfare non può servire a garantire privilegi, serve ad assicurare chi non può e ha bisogno; la burocrazia non può servire per assumere gente che non produce nulla, serve ad assistere i cittadini per risolvere presto e bene i problemi. Il denaro pubblico, si chiama così, perché è di tutti e a tutti deve essere utile, non può essere sottratto dalle tasche della gente per tappare buchi neri, disavanzi da scandali, stipendi e pensioni d’oro.
Stiamo arrivando al fondo e scricchioliamo pericolosamente, il 2015 non sarà una nuvola di rosa nel cielo azzurro e per l’euro potrà essere l’anno decisivo, lo sa bene Mario Draghi e lo sa anche Angela Merkel. O togliamo zavorra, pacifichiamo il Paese, liberiamo l’economia da vincoli e catene, obblighiamo le banche a dare credito a sufficienza, commissariamo gli enti locali, decapitiamo le tasse e vendiamo il vendibile per tagliare il debito, oppure i bulloni salteranno. Noi vogliamo tornare a galla, tornare in superficie e guardare il cielo, navigare bene a pelo d’acqua per riprendere il largo. Gli italiani sanno di poterlo fare, con o senza euro, prima che sia tardi lo sappia la politica. Se sbagliare è umano perseverare è diabolico!
di Elide Rossi e Alfredo Mosca