venerdì 7 novembre 2014
Mentre l’Italia ha in corso un braccio di ferro con la Commissione europea e ha difficoltà a farsi pagare e a fare entrare nelle casse dello Stato persino la misera Imu e Ici dalle strutture ecclesiastiche soggiornanti sul territorio italiano, il Lussemburgo del nuovo presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker vanta, già da oltre dieci anni, ponti d’oro fiscali concessi a oltre cinquecento multinazionali tramite generosi accordi fiscali. Briciole da riscuotere a fatica per l’Italia contro arricchimenti protratti per il granducato del Lussemburgo a svantaggio degli altri Paesi europei tutti.
In un momento di ristrettezze finanziarie e di crisi economica, il nuovo presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, primo ministro del Lussemburgo dal 1995 al 2013, sembra essere chiamato direttamente in causa. Sono infatti risultati accordi e intese fiscali attraverso cui imprese internazionali hanno trasferito ingenti somme di denaro in Lussemburgo per pagare meno imposte, precisamente pagando, sui profitti trasferiti, una aliquota inferiore all’1 per cento. Sono circa 550 gli accordi fiscali sinora emersi, per la maggior parte relativi ad aziende clienti di PricewaterhouseCoopers (PwC), società di consulenza, e riguardanti società come Pepsi, Ikea, FedEx, Accenture, Deutsche Bank, Procter & Gamble ad esempio, per rendere meglio l’idea, con 80 miliardi di dollari, Abbott Laboratories con oltre 50 miliardi di dollari, Bayerische Landesbank con 500 milioni di euro, Carlyle Group con 240 milioni di sterline e 150 milioni di dollari, Eon Group con 2,55 miliardi di euro, Gazprom con 4 miliardi di dollari, Glaxo Smith Kline con 6,25 miliardi di sterline, Heinz con 5,7 miliardi di dollari, il fondo Permira con 284 milioni di sterline, Hines con capitali che hanno “ridisegnato”, tra grattacieli, giardini e nuove strade, interi quartieri di Milano - precisamente i quartieri Isola, Garibaldi, Porta Nuova e Varesine - , Intesa San Paolo, Unicredit, Marche e Sella, Finmeccanica, e fondi immobiliari targati Deutsche Bank che, insieme al gruppo Pirelli, sono risultati in affari con la Regione Sicilia.
Gli accordi sono evidentemente controversi in quanto manipolativi della concorrenza - fiscale - tanto che poco tempo fa la Commissione europea ha aperto un’inchiesta contro il Lussemburgo (ma adesso Juncker ne è il presidente!) per illegittimi aiuti di stato a favore di Fiat e di Amazon. Un sistema cresciuto grazie al lungo governo di Jean Claude Juncker, premier per diciotto anni del Granducato di Lussemburgo e adesso alla presidenza della Commissione europea. Nei suoi anni alla guida del Granducato, Juncker ha di fatto trasformato il suo piccolo Paese, in precedenza concentrato su agricoltura e siderurgia, in un potente centro finanziario e in una sorta di paradiso fiscale.
Il 7 novembre verranno discussi tra i ministri delle finanze dell’Unione europea temi fiscali, i quali rimangono formalmente di competenza nazionale ma è chiaro che, nella diversità e maggiore o minore “leggerezza” del fisco soft, falsano gravemente la concorrenza all’interno dell’Unione con lo spostamento di enormi quantità di denaro tassate al minimo in alcuni piuttosto che in altri Paesi, con conseguenze ed effetti vantaggiosi in termini economici. Vi sarà anche in discussione la controversa tassa sulle transazioni finanziarie che undici Paesi dell’Eurozona vogliono adottare e il Lussemburgo non è tra questi (l’Italia è corsa a tassare, “ça va sans dire)”.
Sul fronte briciole Imu ed Ici non pagate dal Vaticano all’Italia, nel 2006 i radicali hanno formulato un ricorso alla Corte di giustizia del Lussemburgo che lo ha ammesso nel merito pronunciandosi nel senso del recupero di tali somme ammontanti a circa 4 miliardi di euro. La Corte si è espressa nel senso della condanna del regime fiscale di favore concesso dallo Stato italiano ad alberghi, scuole e cliniche gestite dagli enti ecclesiastici, in quanto sostanziante un aiuto di Stato discriminatorio. L’“aiuto” discriminatorio è stato elargito più volte dall’Italia, precisamente da ultimo dal governo Monti nel 2012 che ha confermato gli sconti fiscali cambiando solo apparentemente le regole che erano peraltro già state condannate prima dalla Commissione europea quali aiuti di Stato illegali, tornando così a favorire la Chiesa permettendo a qualsiasi ente formalmente no profit di operare sul mercato senza pagare le tasse dovute. Un sistema di favore che per l’antitrust europeo ha distorto il mercato, favorendo i beneficiari rispetto ai concorrenti che invece le tasse le pagano tutte.
Dopo un iter alquanto travagliato e sempre a sfavore per il nostro Paese, il 29 ottobre scorso la Corte di giustizia europea ha dato torto alla Commissione europea che chiedeva l’irricevibilità della causa, rinviando la questione a un giudizio sul merito. La Commissione europea ha sino ad oggi “giustificato” la decisione di non chiedere i rimborsi per “generale e assoluta” impossibilità di procedere al recupero. La sentenza dovrebbe essere emessa entro la fine dell’anno in corso. Si tenga presente che il nostro ministero dell’economia, con Pier Carlo Padoan del governo Renzi, la scorsa primavera ha definito alcune nuove norme sulla questione interpretando in modo estensivo la legge di Mario Monti e tornando a favorire la Chiesa, permettendo a qualsiasi ente formalmente no profit di operare di fatto sul mercato senza pagare le tasse.
di Francesca Romana Fantetti