giovedì 16 ottobre 2014
L’occupazione delle persone costituisce il principale strumento di lotta alla povertà e all’esclusione sociale, quindi di lotta a uno dei malfunzionamenti della democrazia. Elevati tassi di disoccupazione, prolungati nel tempo, sono intollerabili quanto insostenibili in una società democratica che, a lungo andare non riesce ad essere più tale. Tra i parametri inseriti nel Trattato di Maastricht non è stato previsto il rispetto di talune soglie di disoccupazione, non c’è cioè il deficit di occupazione con cui misurarsi. Negli Stati Uniti, nel 2012, la Federal Reserve ha vincolato la propria politica economica monetaria all’obiettivo della riduzione della disoccupazione, mentre in Europa, nell’Unione europea, fini e strumenti devono ancora essere riformati in funzione e nell’interesse dello sviluppo.
Un altro problema centrale dell’economia internazionale, connesso a quello monetario, è il governo del coordinamento delle bilance estere, che è compito primario della cooperazione economica internazionale. Con l’introduzione dell’euro nell’Unione, tale valutazione è scomparsa essendosi ritenuto che occorresse considerare solo i saldi della bilancia estera dell’Eurosistema, trascurando invece gli effetti redistributivi intraeuropei. Si tenga per esempio presente che la Germania è il Paese all’interno dell’Europa che ha a tutt’oggi l’attivo più ampio in valori assoluti. Si dovrebbe quindi procedere a un aggiustamento simmetrico tra i Paesi in surplus e i Paesi in deficit, sulla base del principio di mutua responsabilità dei creditori e dei debitori.
La riorganizzazione dell’Unione dovrà prevedere il perseguimento di un obiettivo ambizioso, politico ed economico. La traiettoria dell’economia dovrà andare nella direzione di una programmazione decentrata, cioè l’utilizzo delle risorse finanziarie a disposizione per condurre l’Unione sul sentiero di una crescita stabile in un clima di libertà, una cultura dello sviluppo cioè pregna di benefici per tutta l’Europa. I popoli delle democrazie europee oggi nutrono aspettative crescenti di sviluppo e di benessere. Bisogna pertanto procedere con l’utilizzo di strumenti quali investimenti con criteri del tipo proprio delle gestioni bancarie private, finanziamenti della Banca mondiale, del Fmi, eccetera, per perseguire i nuovi obiettivi stabiliti dalla politica. In Italia lo stallo è dato dall’avere portato, dagli anni sessanta in poi, gli oneri a carico del bilancio pubblico per motivi sociali e nel momento in cui già da tempo non era in grado di funzionare più, è arrivata dall’Europa la batosta dell’austerità chiamata falsamente della stabilità in luogo di una cultura dello sviluppo necessaria. Parafrasando il banchiere Alan Greenspan, il declino dell’Italia è iniziato precisamente quando è cominciata la trasformazione di un’attitudine caritatevole ( gli oneri a carico del bilancio pubblico) in diritto da rivendicare, come sta accadendo. Si pensi alla politica italiana del reddito pro capite inseguito per il meridione rispetto a quello del centro settentrione.
La coesione economica dell’Unione europea sarà presupposto e componente indispensabile per la realizzazione della coesione sociale, perchè lo sviluppo si può avere unicamente con l’innalzamento simultaneo di tutte le componenti di una società, non solo della sua economia. Oggi dovremmo interrogarci pubblicamente su quale sia la nostra produttività. Da dove venga, ove venga, e come incoraggiarla, estenderla e amplificarla. Dotazioni strutturali cioè infrastrutture, svincoli posti dai contratti di lavoro, e buon uso del capitale afferente, unitamente ad operazioni connesse di Banche mondiali e Casse per la crescita, e un utilizzo della finanza dettato dalla verifica rigorosa a che non si abbiano squilibri, finanziamenti e investimenti, e soprattutto la visione lucida della crescita da perseguire e controllo di qualità delle scelte, sono il new deal dell’Unione e degli Stati membri, a cominciare dal’Italia.
Quando gli squilibri sono o divengono strutturali possono avere vaste e imprevedibili conseguenze sull’occupazione, sulle persone e sulla società tutta. Prosperity has no fixed limits e la strada maestra è sempre l’espansione economica. Disoccupazione, povertà, stallo, cattiva crescita, diseguaglianze mettono in pericolo la democrazia. Bisogna essere growth builders, cioè progettare e costruire un futuro radioso per il nostro Paese e l’Europa. E’ necessario vivere già nel futuro. Si ricordi che le grandi innovazioni sono i pensieri e le teorie che si tramutano in opere, fatti. E il mercato è una miriade di opere e fatti aventi lunghe maturazioni e una vita alquanto intricata.
di Francesca Romana Fantetti