Benvenuta, signora Cancelliera Merkel

giovedì 9 ottobre 2014


Quando questo articolo sarà in linea sul sito de L’Opinione il sole sarà già calato da un pezzo sul mercoledì da leoni sognato da Matteo Renzi. In Parlamento sarà andata in scena la rappresentazione tragicomica del Partito Democratico che finge di inquietarsi per una svolta liberale sulla riforma del lavoro che non c’è. Sarà anche conclusa la pantomima di un Consiglio dei capi di Stato e di governo della Ue che, riunito a Milano, dovrebbe affrontare la crisi che sta mettendo al tappeto metà della popolazione europea. Ma è prevedibile che dietro le foto di gruppo e i sorrisi di circostanza non ci sia altro.

Per decenza e per costume mentale non ci avventuriamo in giudizi senza attendere i fatti. Tuttavia, una considerazione ci sia concessa. Il teatrino di questi giorni è stato organizzato all’interno del Partito Democratico nel disperato tentativo di far credere ai partner europei, Merkel in testa, che l’Italia sia diventata un paese virtuoso in grado di riformarsi alla velocità della luce. Tutto per ottenere, da Bruxelles, qualche spicciolo in più e un cincinin’ di tolleranza sui conti pubblici. Possiamo pensare in coscienza che questa sia l’Europa nella quale avremmo desiderato vivere il nostro futuro?

A sentire un bel po’ di gente si direbbe di no. Di là da ogni valutazione sulla necessità di tenere in ordine la finanza pubblica e di non giocare con il debito per fare politiche distributive fuori bilancio, resta il fatto che la svolta impressa dai paesi del Nord, germanocentrici, in direzione di una vita comunitaria più morigerata e sobria, ma anche più cupa e disperante, proprio non ci va giù. Nessuno pensava che l’integrazione europea dovesse essere un banchetto senza fine. Una grande abbuffata. Soltanto un pazzo o un individuo in malafede poteva sperare di starsene con la pancia al sole sfruttando la ricchezza delle nazioni virtuose. Ma smettiamola una buona volta con l’ignobile stereotipo degli italiani, degli spagnoli, dei greci, dei meridionali in genere, parificati ai parassiti o alle mosche che, comodamente poggiate sul dorso del bue, alla fine del giorno, esclamano: abbiamo arato! Questi non siamo noi.

E’ un ritrattino che non ci appartiene. Abbiamo combattuto perché il nostro non si trasformasse in uno Stato etico e, oggi, rischiamo di ritrovarci intrappolati in un’Europa etica. Che scherzo è questo? Cionondimeno, la voglia che avevamo di far bene - si parla del popolo italiano non dei suoi governanti - è stata annientata da un’austerità ottusa e criminale che ci sta spingendo in un cul- de- sac dal quale ne usciremo cadaveri. Se questa Europa non comprende che solo riattivando la molla degli investimenti si tornerà a produrre e, quindi, a creare buona occupazione, ciò che ci affosserà non saranno gli spread o l’inflazione. Sarà l’inedia a distruggerci. Tuttavia, rassegnarsi allo status quo non è la strada giusta. Ricordino i nuovi padroni del vapore europeo che nel DNA degli italiani è vivo il gene della ribellione.

Da noi, l’irriso Masaniello attivò una vera rivolta di popolo e Pulcinella non era un semplice saltimbanco ma una maschera tragica di un dolore antico. Anche Matteo Renzi, che si compiace di fare l’istrione, potrebbe essere assalito da un sussulto di dignità. Attenti a prenderci troppo sotto gamba. Noi italiani sappiamo gioire e pure soffrire. Abbiamo patito la tirannide ma abbiamo saputo liberarcene. Attenti a pensare di trattarci come pezze da piedi. Potreste restare sorpresi dalla nostra reazione. E non vi piacerà. Compreso il messaggio, signora Merkel?


di Cristofaro Sola