L’assoluzione del Cav. e la “giustizia giusta”

martedì 22 luglio 2014


Il Cavaliere è stato assolto, ora non vorrei sentire il commento di alcuni fan di Renzi che il patto del Nazareno ha giovato a Berlusconi, perché è bestialità e una offesa nei confronti del collegio giudicante. I miei colleghi Franco Coppi e Filippo Dinacci hanno affrontato il caso senza clamori, spiegando il perché i fatti contestati non potevano trovare riscontro nelle norme che prevedono e disciplinano i gravi reati contestati. Il “pifferaio fiorentino” non c’entra nulla.

Viceversa, la sentenza della Corte di Appello di Milano al pari di tantissime altre sentenze deve essere utilizzata per riformare l’ordinamento giudiziario e il Consiglio superiore della magistratura (Csm). La lentezza dei processi civili troverà un palliativo nel propagandato processo telematico che, appena entrato in vigore, ha trovato ostacoli insuperabili nei meccanismi predisposti non all’altezza del progetto.

Che i magistrati nella loro stragrande maggioranza sono dotti e validi lo scrivo da tempo e ne sono convinto. Così come sono certo della faziosità, spesso politica, della minoranza di essi che hanno sempre visto in Berlusconi il nemico da battere con qualsiasi mezzo. E questo perché è stato visto come l’unico ostacolo alla vittoria della sinistra forcaiola e giustizialista.

Pertanto Silvio Berlusconi, che non doveva neanche essere condannato per frode fiscale in presenza dell’assoluzione dei legali rappresentanti di Mediaset, può riprendere entusiasmo per condurre la sua battaglia di libertà e progresso, con la quale fare uscire dal letargo il popolo italiano che alle ultime europee si è rifugiata nell’astensionismo o, quel che è peggio, nel voto a Renzi e al Partito democratico.

La notizia dell’assoluzione del Cavaliere ha trasformato la mia giornata, perché mi sono ricordato del grandissimo livello di coloro che hanno onorato la toga, essendo la magistratura e l’avvocatura due facce della medesima medaglia, che rappresenta il trionfo della giustizia.

Il collegio della Corte di Appello di Milano, i miei cari colleghi Coppi e Dinacci, rappresentano la prova di una ritrovata speranza. La speranza di una giustizia giusta.


di Titta Sgromo