martedì 22 luglio 2014
L’assoluzione in appello di Berlusconi per il caso Ruby non dovrebbe indurre a tanti festeggiamenti per la giustizia italiana. Anzi, è la dimostrazione che proprio la giustizia è stata usata politicamente nel modo più spregiudicato, cinico, senza riguardo per il destino di un Paese intero. La demolizione di Berlusconi valeva una destabilizzazione che se non è stata una delle cause della crisi finanziaria, quanto meno ci ha indeboliti nell’affrontarla? Oggi questa sentenza conferma non che in Italia, in fondo, una giustizia c’è, ma che non c’è democrazia. Che la giustizia è stata usata da un gruppo di magistrati per demolire l’immagine interna e internazionale di Berlusconi, abbattere il suo Governo, destabilizzando il Paese intero. Pazienza, si sono presi questo rischio, hanno valutato che valeva la pena correrlo pur di eliminare Berlusconi.
Ora, è legittimo in democrazia che si possa mettere sotto processo un premier democraticamente eletto? Certo che sì, essendo un cittadino come gli altri e con maggiori responsabilità degli altri. Ma che succede se i procuratori che mettono sotto processo un premier si sbagliano, se i giudici danno loro torto? Se mettono sotto processo un premier, contribuendo in larga misura alla caduta del governo, alla fine di una legislatura, e alla destabilizzazione di un Paese sull’orlo della crisi finanziaria, e poi il premier viene assolto perché 1) “il fatto non sussiste” e 2) “il fatto non costituisce reato”, quei procuratori dovrebbero pagarne le conseguenze perché il danno che hanno causato al sistema è enorme. Non si inizia un’azione giudiziaria del genere da totali irresponsabili.
Tratto da Notapolitica
di Federico Punzi