martedì 22 luglio 2014
L’odio, l’ingiuria giornalistica, la demolizione dell’avversario sono gli elementi delle contrapposizioni politiche che hanno governato e governano lo scontro in quasi tutti i Paesi occidentali, dove purtroppo il confronto politico sulla struttura organizzativa della società lascia il posto alle dispute inconcludenti degli intellettuali da salotto.
Quello che dovrebbe essere evitato, pena la regressione culturale (meglio l’acquisizione del sapere di un popolo) riguarda la delega di fatto della diffusione dell’informazione tecnico-scientifica, di chi cioè veicola notizie come pure valutazioni e giudizi ad alto contenuto di “somaraggine”.
Il campione in tal senso è il giornalista Marco Travaglio. Il brillante e intelligente Travaglio, sodale delle eterne trasmissioni di Santoro, protagonista della nascita de “Il Fatto Quotidiano”, dove ha allevato un gruppetto di imitatori. Prima fra tutti la Borromeo, passata dal facile commentino su “tette e culi” alle più pesanti fatiche della scrittura. Durante la trasmisisone “Bersaglio Mobile”, in onda su La7, quando ha pontificato Travaglio il livello della discussione è precipitato nello stucchevole confronto sui noti argomenti della politica da avanspettacolo, con la solita fraseologia tra inciuci, accordi sottobanco, devianze di regime, derive democratiche, corrotti e corruttori.
Il massimo del decadimento culturale ci viene offerto dal dottor Travaglio che si è candidato professore di diritto penale e procedura penale, meglio esperto e profondo conoscitore del sistema giustizia, con tutte le variabili che lo costituiscono. Dopo essersi autoproclamato esperto di “giustizia”, il nostro demiurgo del video ci ha illustrato la differenza tra concussione per costrizione e concussione per induzione (richiamando la legge Severino votata dal Partito democratico e Forza Italia per salvare Berlusconi e Penati) nel lungo percorso giurisprudenziale e normativo dal codice Rocco (1933) ai nostri giorni.
Spiegare a Travaglio che non capisce nulla di diritto penale e procedura penale, nonostante le sue frequentazioni di tribunali e Corti d’Appello, è tempo perso. La questione grave è molto semplice: per indiscutibili meriti raggiunti, Travaglio ha la possibilità di parlare al vasto pubblico dei telespettatori e quanto afferma ha un impatto sulla crescita culturale della gente – o come si dice dell’opinione pubblica – di gran lunga maggiore di una documentata opera saggistica, che viene confinata in qualche libreria a coprirsi di polvere.
E allora cari illustri conduttori che decidete le fortune e i destini di quelli che vengono invitati (o non invitati) ai talk show, quando volete alzare il livello della discussione su argomenti tecnici e scientifici evitate di far intervenire Travaglio. Lui è un campione quando si tratta di spazzatura (dovrebbe fare l’assessore al Comune di Napoli, insieme all’amico De Magistris), di questioni condominiali o di pettegolezzi politici, ma non può insegnare al popolo sovrano argomenti verso i quali già tra i cultori della materia non c’è uniformità di valutazione.
Travaglio non si offenderà del mancato invito, è troppo intelligente. Sa bene di essere un pressappochista e sa bene che questo difetto gli ha facilitato il compito di affabulare parte della gente per diventare – ancora giovane – un uomo di successo, più famoso di un calciatore di professione.
di Carlo Priolo