venerdì 18 luglio 2014
Non so se lo condanneranno o lo assolveranno, ma è certo che Silvio Berlusconi ha fatto benissimo a proporre alla giuria di Milano le sue dichiarazioni spontanee con le quali ha offerto ai giudici, ma anche all’opinione pubblica, una ricostruzione credibile delle vicende che lo hanno interessato e sono oggetto di valutazione da parte della Corte di Appello.
Ha fatto benissimo il Cavaliere a contravvenire ai consigli dei suoi amici, che erano di sicuro preoccupati che potesse “scantonare” e mettere a rischio non solo il suo futuro ma anche il presente dei suoi “servizi sociali”. Infatti molti vorrebbero che gli venissero revocati, perché è stato, da par suo, fortemente convincente. Efficace e convincente quando parla delle cene alle quali partecipavano – oltre gli invitati – i camerieri, i musicisti, gli addetti alla sicurezza e a volte anche i suoi stessi figli che passavano per salutarlo.
È molto difficile, anzi impossibile, che con questa marea di persone presente si potesse dare vita a serate di sesso o a scene molto scabrose che sono passate come le serate del “bunga bunga”. E niente, proprio niente, è mai trapelato oltre i cancelli di Arcore. Mai una indiscrezione, mai una foto rubata da un cameriere infedele, mai un servizio da gossip. Eppure fuori le mura stazionavano sempre decine di fotografi e giornalisti che avrebbero pagato fior di quattrini per una confidenza fuori dalle righe. Non è neanche credibile che un cronista di gossip non abbia mai tentato di corrompere un cameriere per farlo diventare complice. E allora, o ha tentato la corruzione ma non c’era nulla che valesse la pena di “comprare”, o il personale che poteva “vendere” una foto o fornire una notiziola era selezionato come vengono selezionati gli agenti dei servizi segreti. Ma anche in questo caso c’è sempre una falla dalla quale cui esce ciò che non avrebbe dovuto uscire.
La scelta dell’ex premier è stata positiva, perché ha reso chiara la preoccupazione dell’incidente diplomatico, che tanto è stato usato per ridicolizzare la difesa del Cavaliere. Si tratta, ovviamente, dell’inghippo tra Svizzera e Libia per l’arresto, in suolo elvetico, del figlio di Gheddafi che provocò il congelamento delle attività della confederazione in Libia e determinò il ritiro dei passaporti ai cittadini svizzeri e il loro divieto di espatrio. Il tutto si risolse per l’intervento di Berlusconi, attivato dal governo svizzero che riuscì a sbrogliare una matassa abbastanza intricata. Da questo episodio nacque la preoccupazione del Cav di ritrovarsi di nuovo in una delicata situazione internazionale, messo fuori pista dalle panzane raccontate dalla bella Ruby. Fu questo a spingerlo a telefonare alla Questura milanese e niente di quanto circola nella fantasia della procura.
Se non c’è pregiudizio, quindi, l’assoluzione richiesta dai difensori è sacrosanta. In caso contrario, si dimostrerà che non sono ancora sazi, che c’è ancora bisogno di altro sangue. Una cosa è comunque più che certa: si potranno bloccare e limitare le azioni del Cavaliere quanto e come si vuole, ma non si scalfirà la sua statura di uomo di Stato che, anche in queste ore, sta lavorando per far decollare alcune riforme concordate al Nazareno. Perché senza riforme il Paese è destinato a sicuro disfacimento. Le dichiarazioni spontanee di Berlusconi serviranno, tra l’altro, anche agli storici, che senza le passioni odierne potranno spazzare via la damnatio memoriae che normalmente la sinistra tenta di cucire addosso ai suoi avversari, restituendo pienamente al Cavaliere quel ruolo di statista che ha saputo interpretare egregiamente.
di Giovanni Alvaro