La libertà va oltre ogni caos

mercoledì 16 luglio 2014


In tante riflessioni mi accompagna spesso una frase di Piero Gobetti, “la politica è troppo importante per lasciarla ai politicanti”. Perché? Semplice: è la politica che decide il futuro nel quale dovremo vivere e del quale saremo protagonisti, mentre all'orizzonte scarseggiano sinceri difensori dei valori sui quali si fonda la libertà.

Invece, l'ambiguità politica genera mutazioni a danno di quel dialogo ragionevole, unica chiave per oltrepassare il confine degli sbarramenti ermetici e non perseverare nel pressapochismo di una politica che sempre più si avvicina all'immagine del III canto dell'Inferno dantesco, “questo misero modo tegnon l'anime triste di coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo”.

L'immagine del modo di far politica che viene fuori, allora, assomiglia molto alle storie di Ibn Battuta, il grande viaggiatore marocchino del Medioevo che amava le boutade e che rimescolava le storie ascoltate nelle corti imperiali e nei caravanserragli, cambiandole come un prestigiatore fa con il mazzo di carte. La politica, in generale, senza i fondamenti liberali, che sono quelli che si pongono in antitesi con l’umanesimo apparente, coatto e rassegnato vive un caos storico, come le storie di Battuta.

Stesso discorso va fatto per la politica che l’Occidente, in quanto al concetto geopolitico, non sa più nemmeno dove cominci e dove finisca. Una logica del caos che non può non essere quella del paradosso, un movimento immobile, un’oscillazione costante del dilemma che si ripropone ogni volta: non c’è soluzione ma una situazione complicata che si autoalimenta di continuo.

Da questa immagine di caos globalizzato traiamo spunto per ritornare a parlare del fallimento delle “primavere arabe”, fenomeno oscurantista generato, a mio parere, dall’oltranzismo intellettuale di una parte del mondo arabo, esempio di certe arretratezze culturali del mondo musulmano contemporaneo e di certa sua intolleranza nei confronti della libera ragione umana e della religione. I promotori delle “primavere” hanno cercato di riabilitare la concezione del socialismo reale in Africa, di cui è stato fautore Julius Kambarage Nyerere, applicando a esso un concetto religioso integralista e oltranzista oltre che oscurantista, come quello dei fratelli musulmani, che in nome di un Dio e di una dottrina che sistematicamente distorcono, ha accentuato le lotte sociali innestando un meccanismo di sovietizzazione della religione, della cultura, dell’università, privando tutti di quella concorrenzialità e di quella libertà che i paesi del nord Africa avevano bisogno.

Se consideriamo in quest’ottica il pensiero arabo moderno e contemporaneo, salta agli occhi l’assenza di quell’elemento filosofico che rende il pensiero capace di parlare del possibile nell’ambito di quelle che sono le condizioni della sua realizzazione pratica.

La ricerca della verità e della libertà non è parallela al fanatismo religioso, anzi come diceva Abū l-Walīd Muhammad ibn Ahmad Rushd (Averroè), ricordato pure da Dante nel IV canto dell'Inferno (“Averrois, che ‘l gran comento feo”), è esattamente opposta, in quanto verità e libertà viaggiano sullo stesso binario della ragione, anche perché queste non devono essere lette in chiave strumentale di contrapposizione ma nella visione di aprire spazi di libertà, riformare e cambiare la realtà etica, morale, religiosa e politica, attraverso la religione rivelata e la filosofia speculativa e l'esaltazione dell'intelletto.

Il parlare di rinnovamento nel mondo arabo contemporaneo (solo in senso liberale e non d'ispirazione tradizionalista o marxista) manca di una sufficiente dose di razionalismo, il che, a mio parere, equivale a equiparare la necessità della filosofia nel pensiero arabo contemporaneo alla necessità del razionalismo, ossia alla necessità di una buona dose di razionalizzazione.

Per questa ragione, la realizzazione di un progresso nel pensiero arabo contemporaneo necessita di una filosofia, come quella di Averroè, ossia un modo di considerare razionalmente di tutti gli ambiti del pensiero. Serve uno sforzo intellettuale per evitare di ridurre il mondo a un’unica dimensione che si vuole far passare come universale, evitando la mescolanza caotica del presente con il passato in una maniera che, dal punto di vista progressista classico, può segnare soltanto la chiusura di ogni futuro e di ogni progresso.

L’essere liberale dell’ “uomo-ragione” impone di riformare e cambiare il concetto deviato di libertà attraverso l’apertura di spazi, evitando – come successo per le “primavere arabe” – l'interminabile e a tratti comica farsa che può compromettere la politica mondiale e di conseguenza quella dei paesi dove sono fioriti e appassiti nel giro di un sorgere e calar di luna. Aprire spazi di libertà con la sola forza delle idee, che sono le sole a essere rivoluzionarie e non appiattirsi sul gioco delle parole e dei dogmi passatisti, per costruire un mondo moderno e dinamico opponendosi con forza a chi è troppo impegnato a occupare e a gestire il potere del presente non pensando al futuro.

Come scrissi tempo fa “essere testimoni e messaggeri di idee significa essere forti, anteponendo il concetto di libertà a qualsiasi altro valore”.


di Beppe Cipolla