sabato 12 luglio 2014
Eccoli di nuovo all’attacco. Schierati come un sol uomo, sorretti da un unico obiettivo, determinati, senza alcuna soluzione di continuità e pronti a massacrare senza possibilità di appello. Dalle Alpi alle Piramidi si ode, quindi, un solo grido: giustiziamo sulla pubblica piazza il sacerdote della chiesa di Oppido Mamertina, responsabile della processione e del cerimoniale che ne consegue.
Uniti in una santa alleanza si ritrovano, quindi, mass media nazionali, scritti e parlati (salvo qualche eccezione), a cui non sembra vero poter denigrare un pezzo di Calabria, una sua provincia e la stessa intera regione presentati come perduti nelle spire ‘ndranghitiste; professionisti dell’antimafia pronti a cavalcare il conseguente giustizialismo che è la loro stessa ragion d’essere, ma che stanno con l’occhio attento ai propri interessi economici e politici. Oltre a pubblici ministeri votati a missioni salvifiche, interessati a non perdere la centralità mediatica conquistata (trampolino di lancio per futuri incarichi). E poi, con loro, alleati occasionali: gli stessi carabinieri che si accorgono dopo trent’anni di ipotetici inchini. Dulcis in fundo, politici di mezza tacca pronti a dire la propria.
Nessuno di costoro si è chiesto se fosse vero o meno quanto rimbalzato sulle agenzie di stampa. Anzi, per la verità, molti di costoro non si son posti alcuna domanda, dato che per loro è essenziale essere presenti al debutto di un avvenimento, infischiandosene di come potrebbe andare a finire.
E allora, avanti con la mazurka. Alfano: “Deplorevoli e ributtanti rituali cerimoniosi”; Rosy Bindi: “Quanto è avvenuto nel corso della processione sconcerta”; Enzo Ciconte: “Il gesto dell’inchino è stato un atto di sfida, di forza e tracotanza”; Cafiero de Raho: “Fermare un corteo religioso per ossequiare il vertice della cosca locale è sovvertire le regole sociali, religiose e di legalità”; Nicola Gratteri: “Ora la ‘ndrangheta ha sfidato ufficialmente il Papa”.
È solo un assaggio delle dichiarazioni demenziali sentite in questi giorni. Demenziali perché costruite su un falso, un vero e proprio falso, se è vero come è vero che la processione a Oppido prevede, da molti decenni, cinque fermate a incroci prestabiliti per far girare l’immagine della Madonna verso quella parte di paese dove non è previsto il passaggio della processione stessa. Vuole il caso che in una di queste traverse (non dinanzi all’abitazione dove da dieci anni il mafioso sconta per motivi di salute, gli arresti domiciliari, ma nella traversa incrociata) abiti l’82enne ergastolano.
inchino al boss, in vergognosa sottomissione al malavitoso? Chi ha spinto per montare il casus belli che ha riacceso la polemica della procura reggina contro la Chiesa? Chi ha tirato le fila riattizzando il razzismo ormai non più latente, del Nord nei confronti del Mezzogiorno? Dalle risposte a queste domande si potrà capire quanto strumentale possa essere l’antimafia da convegno e come essa venga usata per fini diversi dalla lotta al crimine.
“Non riescono a battere la mafia e se la prendono con la Chiesa” ha dichiarato l’Arcivescovo di Reggio in un’intervista a “Il Garantista” di Piero Sansonetti e ha continuato: “Chissà se un giorno si decideranno ad affrontare le cause vere del fenomeno ‘ndranghetista”.
Di sicuro il non riuscire a battere la mafia nasce anche dalle “distrazioni” che i ruoli dell’antimafia offrono per sentirsi pienamente appagati. E la grancassa continua con l'applauso della ‘ndrangheta.
di Giovanni Alvaro