Italia-Germania si gioca a Strasburgo

sabato 5 luglio 2014


Chi l’avrebbe detto. Tutti noi speravamo di rivivere l’emozione del confronto calcistico Italia-Germania. Sognavamo un’altra notte magica sotto il cielo di Rio. Invece, i nostri bolsi campioni della pedata hanno avuto l’amabilità di farsi buttare fuori dal mondiale.

Allora ci ha pensato il nostro premier, in quel di Strasburgo, a mettere su una partitella niente male. I tedeschi, colti di sorpresa, si sono incavolati non poco per la pallonata di Matteo Renzi tirata contro la vetrata della “casa europea”. Che ha combinato il giovane fiorentino? Ha detto senza mezzi termini che questa Europa ha il volto della noia. Il fatto è che quel look l’ha imposto proprio la Germania. Lui ha sostenuto che l’Unione debba avere un’anima. E la cosa deve essere suonata alle orecchie dei tedeschi come uno sfottò. Per loro, l’Europa deve avere innanzitutto un’etica. La medesima di cui si nutre lo spirito tedesco. Dovremmo forse dire una “Kultur” che si traduce in uno speciale impasto fatto di arte, religione, filosofia, tutte intrinsecamente germaniche.

Ciò che oggi il governo di Berlino sta facendo scontare ai Paesi dell’area mediterranea ha molti punti di contatto con l’idea che fu di Thomas Mann e di altri pensatori tedeschi, della “differenza di mentalità” germanica la cui “ragione morale” è radicata nel suo “protestantesimo”. Più che dalle teorie economiche di Wolfgang Schäuble, la politica tedesca sembra ispirata dalle “tesi” di Lutero e dal “protestantesimo” dei suoi odierni “prìncipi” in lotta contro una politica “romana”, destinata, se non debitamente sconfitta, a depredare la Germania delle proprie ricchezze. Ecco perché vi è una logica nella contrazione del flusso di moneta circolante che travalica i confini angusti delle teorie economiche: essa induce sobrietà nei costumi di vita individuali e collettivi. La nostra classe dirigente, al contrario, invoca la solidarietà tra i sistemi sociali della Ue.

Per conseguire questo obiettivo sarebbe equo, secondo i nostri leader, che la Bce coprisse i debiti di tutti gli Stati aderenti mediante l’emissione di propri titoli di credito. Una tale idea per la signora Merkel è pura follia. E non solo per lei. E’ sufficiente ascoltare i gettonatissimi corrispondenti della stampa tedesca, presenti stabilmente in Italia, per rendersi conto della realtà. Perché, essi dicono, i tedeschi dovrebbero pagare i debiti degli italiani o dei greci o dei portoghesi o degli spagnoli? Nel loro universo morale il gusto, la raffinatezza, la ricerca dell’effimero, l’eleganza fine a se stessa, possono essere concepiti come fattore produttivo per un economia d’esportazione, non di certo per sostenere la domanda interna. Gli abiti di Dolce & Gabbana, le borse di Fendi, le scarpe di Ferragamo, il cashmere di Brunello Cucinelli, hanno una loro ragion d’essere se guardano al mercato globale, in particolare ai settori delle economie emergenti, non se devono trainare i consumi degli italiani.

Il credo dei tedeschi si traduce nell’imperativo categorico di produrre molto di più di quanto si consuma. In stretto spirito luterano si preconizza, per i popoli del sud dell’Europa, quella riforma morale che a essi sarebbe mancata per lungo tempo. Non v’è forse più di un’oncia dello spirito di Calvino nella legge comunitaria del Fiscal Compact? Il rientro forzoso del debito pubblico è solo il frutto di una teoria economica o piuttosto evoca la dimensione morale del peccato e della colpa per colui o coloro che vivono spendendo più di quanto posseggano o producano? Sappiamo bene che il gusto estetico, combinato ai suoi più alti livelli espressivi con l’arte, è un fattore connaturato alla nostra identità come lo è stato un diffuso senso edonistico dell’esistenza, avvertito con differente intensità in tutti gli strati della popolazione.

La figura storica di Mecenate e quella mitica di Anfitrione incarnano due modelli positivi della nostra identità profonda. Mai potremmo pensare a loro come esempi di spreco o di insensata prodigalità. Anche la distrazione di risorsa pubblica, denunciata da Lutero ai suoi tempi, ha funzionato da incentivo alla produzione artistica la quale ha donato all’umanità il più prezioso patrimonio culturale prensente al mondo e ha consentito di avere quel “rinascimento” di cui parla con orgoglio Renzi. La ricerca estetica del canone universale della bellezza, nelle cose che recano la mano dell’uomo, appartiene al sentire del popolo italiano, che ha fatto del “bello” un’espressione dell’anima, oltre che un’aggettivazione della manifattura.

A ben vedere, il discorso di Renzi, non sappiamo quanto consapevolmente, ha prodotto note stonate all’udito dei tedeschi. La cosa potrebbe rivelarsi ben più seria e complicata di quanto appaia al momento. Tirare pallonate contro la vetrata della costruzione europea non è permesso. Lo ha detto chiaramente il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, lo ha ribadito, con un carico di tono ironico, il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, l’ha confermato l’arcigno dottor “stranamore” della politica economica europea, il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schäuble. Ora, Renzi sarà costretto a cambiare atteggiamento oppure la signora Merkel gli sequestrerà la palla. Così avremo finito di giocare.


di Cristofaro Sola